
Alice nel paese delle psico-meraviglie
Incipit
- Mi chiamo Blanco -
Alice alzò appena lo sguardo. Era seduta su quei gradini, da quanto? Un'ora?
Aveva già fumato cinque sigarette e gliene restava solo una nel pacchetto mezzo stropicciato. I suoi occhi erano sbavati, il rimmel era colato sulle guance diluito dalle lacrime.
- Alice -
Il ragazzo portava i capelli lunghi. Aveva un viso strano che si proiettava in avanti, non era brutto, era particolare.
Non molto alto e magro come un chiodo, così che l'enorme orologio da polso che portava era la cosa che si notava di più, sproporzionato su quel braccio filiforme. Anche gli occhi erano grandi, grandi e scuri.
- Abiti quì? -
Alice si era guardata indietro verso la porta in cima agli scalini; in realtà non sapeva dove fosse, aveva camminato senza meta e poi stanca si era seduta nel primo posto che aveva trovato, dei gradini sudici di una casa che sembrava abbandonata.
- No -
Blanco si era guardato intorno, il quartiere era piuttosto stanco e deserto, certo non metteva allegria, il colore della pelle era grigio come quella di un essere malato. Persino i murales erano spenti.
- Vivi in questo quartiere? -
Alice lo aveva guardato accendendo l'ultima sigaretta.
- No-
Anche Blanco si era acceso qualcosa che sembrava più una canna, sbucata fuori da un orecchio come la moneta del mago. Non era in imbarazzo, ma le risposte lapidarie non aiutavano certo la conversazione.
- Vuoi un tiro di questa? E' erba. -
Il fumo espirato di Alice si era unito a quello più denso esalato da Blanco in un punto nello spazio. Lei notava queste cose. Aveva allungato la mano, preso il dono e fatto prima un tiro breve seguito subito dopo da una boccata più ampia che le aveva riempito i polmoni.
La nuvola che aveva liberato dopo qualche secondo sembrava il respiro di un drago. Poi aveva restituito lo spino ridotto di un bel quarto.
- Hai da fare?-
Alice lo aveva guardato come se fosse stupido. Ma che cazzo di domanda è? Ti sembra che sia seduta qui con questa faccia perché ho da fare?
- No-
- Ti va di venire in un posto con me?-
- Io non ti conosco -
La giornata che scivolava lenta e noiosa sotto un sole fiacco si stava rannuvolando e minacciava pioggia.
Alice aveva guardato il cielo nero. Era lontana da casa, avrebbe preso l'acqua e poi tornare dove abitava era l'ultimo dei suoi desideri.
I suoi occhi cercarono di scannerizzare il ragazzo, di capire se poteva essere un pericolo.
- Che posto è? -
Anche Blanco aveva guardato per aria.
- Un posto dove non ci si bagna. Non è lontano, è una casa occupata dove c'è sempre un sacco di gente che fa cose.
- Che tipo di cose? -
- Del tipo divertente. -
- Tipo? -
Le spalle di Blanco si erano alzate mentre le mani affondavano nelle tasche.
- C'è musica. -
Alice aveva voglia di musica.
Si era guardata le scarpe.
- Hai sigarette? -
Il ragazzo aveva tirato fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto quasi pieno.
Con studiata svogliatezza, Alice, aveva raccolto il suo zainetto e si era alzata dai gradini sudici.
- Ok -

Otto
E' l'immagine che voglio ricordare. Quello che vorrei dimenticare è di averlo trattato con poco amore negli ultimi tempi, vorrei dimenticarmi che tutte le volte che mi veniva sulle gambe mentre guardavo la televisione, dopo poco, lo facevo scendere. E' la vita, a volte si manca, si perde l'occasione per una carezza e la vita finisce e continua e non puoi non amare per poi non soffrire, sarebbe come non vivere. Lui ha vissuto bene, al caldo, amato e coccolato. Lo accarezzo ora, accarezzo il suo ricordo. Ciao Ottino.

La Monaca di Monza
Per il Manzoni nei Promessi Sposi è Gertrude, la Signora, per l'anagrafe di Milano del 1575 è Marianna de Leyva più conosciuta come la Monaca di Monza.
Figlia di un duca spagnolo a tredici anni, dopo la morte della madre e il consecutivo nuovo matrimonio del padre, entra nel monastero Benedettino di santa Margherita aMonza. Il Manzoni la descrive come irrequieta; è scontrosa, usa il suo stato di privilegiata (il padre è l'uomo più potente di Milano) per compensare la gelosia nei confronti dei sogni matrimoniali, di feste e abiti sontuosi sbandierati dalle altre novizie, futuro che lei non avrà mai, ma la descrizione del Ripamonti è un po' diversa. A sedici anni lui la disegna come "...modesta, circospetta, affabilissima, soffusa d'un invidiabile candore, amica di tutte, delle discipline letterarie istrutta, come lo poteva essere in allora una giovinetta ben educata, obbediente, per nulla dispettosa, esempio di contegno sociale perfetto." e a sedici anni indossa la tonaca. A vent'anni suor Virginia Maria (questo è il nome che ha preso) diventa "La Signora" perché per mandato del padre eserciterà la sovranità a Monza emettendo ordinanze, arresti e pene. A ventidue anni diventa la maestra di una ventina educande e qui comincia il suo deragliare. Nella casa confinante con il monastero vive un certo Giovanni Paolo Osio, un nullafacente ricco e Don Giovanni che viene colto sul fatto dalla Signora a flirtare con una delle sue novizie (durante il processo suor Virginia affermerà che i due si erano congiunti carnalmente); le conseguenze di questo "coiti sul fatto" determina una aspra ramanzina all'Osio da parte della Signora e l'immediata espulsione dell'educanda dal convento. Il Giovanni Paolo qualche tempo dopo l'episodio viene accusato di omicidio ai danni di un consigliere della famiglia de Leyva e Virginia Maria ne ordina l'arresto. Osio scappa da Monza e per intercessioni da parte di conoscenze influenti vi tornerà un'anno dopo. A quel punto l'ira della Monaca si è placata e anzi suor Virginia si scopre rimestare alla vista del giovane che cammina nel giardino e comincia a spiarlo di nascosto. La frase che ella pronuncerà, riportata nelle confessioni di suor Ottavia sua coancella, è piena d'ardore: "...si potrà mai vedere la più bella cosa?". L'Osio accortosi delle attenzioni della monaca inizia un corteggiamento epistolare aiutato in questa impresa dal prete Arrigone suo amico e complice e nel Natale dell'99, riuscirà ad entrare nel monastero e ad avere il primo rapporto sessuale con suor Virginia. Durante il processo la Signora sosterrà di aver ceduto perché stregata da uno strano rito in cui aveva dovuto baciare una calamita nera legata in oro, battezzata dallo stesso prete Arrigoni. Suor Candida Colomba Brancolina che assiste all'incontro lo racconta con queste parole: "...una volta cavandosi dal seno calamita battezzata che havea legata in oro dicendo che era una reliquia, la baciò toccandola con la lengua et poi la volse dare a suor virginia Maria, ma lei stava renitente et esso gli soggiunse che lo faceva perché havea schivio di lui et fece tanto gli la fece toccare con la lengua...". In queste parole c'è tutta la sensualità e tutto il tremore del proibito. Gli incontri dopo quel fatidico Natale si intensificano con la collaborazione delle sue quattro ancelle, due delle quali, Ottavia e Benedetta compagne di cella, sembra partecipino attivamente agli amplessi. Dacci che ti ridacci Suor Virginia rimane incinta e nasconde la gravidanza dicendosi malata alla milza e idropica. Darà alla luce un feto morto di cui si libererà l'Osio.
Dopo questo episodio suor Virginia tenta in ogni modo di interrompere la relazione, arriva quasi al suicidio sempre più convinta di essere preda di una maledizione. Qualcuno le suggerisce di ricorrere ella stessa al sortilegio e le parla di un rimedio, a detta, molto efficace contro il mal d'amore. La Signora diventa coprofaga dell'amante. Procuratasi gli escrementi del Giovanni Paolo li fa essiccare e li beve per tre volta in una mattina mischiati dentro un brodo di fegato e cipolle. La mistura non funziona e gli incontri riprendono mentre le chiacchiere del vicinato assumono proporzioni sempre più consistenti anche se placate dalla Superiora che spiega gli incontri come la volontà dell'Osio di farsi cappuccino e di avere suor Virginia come madre spirituale. Nonostante il nome latino possa trarre in inganno pensando essere una pratica già in uso nel XVI secolo, il coitus interruptos il Paolo non lo conosceva e la monaca rimane gravida una seconda volta. Da alla luce una brutta bambina, a suo dire, che il padre biologico porta nella dimora di famiglia e legittima.
Nel '606 la situazione precipita. In previsione di una visita di Monsignor Pietro Barca una conversa, Caterina da Meda, ragazza dal cattivo carattere e a quanto pare ladra, minaccia di rivelare al Monsignore la tresca amorosa, probabilmente ricatta la coppia. Dopo averla chiusa in punizione e aver tentato di dissuaderla da tal confessione senza successo, l'Osio le spacca la testa con tre colpi. Nascondono il cadavere e il giorno dopo il Giovanni seppellisce il corpo nella sua "neviera" e getta la testa nel pozzo di Velate. Suor Virginia minaccia le sue complici di fare la stessa fine se avessero parlato. Tutti credono alla messa in scena perpetrata dall'Osio, Virginia e le quattro complici di una presunta fuga attraverso una breccia nel muro che loro stessi creano e l'omicidio passa inosservato, ma in paese le voci ormai sono senza freno. Parla il fabbro che aveva fatto i duplicati delle chiavi del convento e anche il farmacista della maternità di suor Virgina; Osio uccide il primo, mentre il secondo scampa per miracolo alla stessa sorte.
L'Osio viene arrestato e tutto questo trambusto smuove le acque. Il cardinale Borromeo che aveva visitato l'anno prima il convento senza rilevarne irregolarità, comincia ad ascoltare le voci che gli arrivano e decide una seconda visita. Nel monastero conversa con le monache e poi arriva al colloquio riservato con la Signora. "[si avvicina] con calma al problema che doveva trattare, sonda l'animo della donna, lo rigira da ogni parte più per ottenere la confessione di una colpa - qualora ce ne sia qualcuna - che per biasimarla e accusarla. La ammonisce a ricordarsi della casata e dei propri natali e anche dei doni che le sono stati dati per grazia di Dio, come pure a comportarsi veramente come si addice a che è primo quanto a pietà, modestia e modello di ogni virtù; le ricorda che non solo le suore e le vergini che risiedono nel suo stesso monastero, ma anche tutto il popolo della città è attento, tiene gli occhi rivolti al luogo ove essa vive, osserva ed esamina quanto si può non per malignità o livore, ma perché in realtà è la condizione di ogni principe a comportare simile attenzione. Egli è abbastanza convinto che fino a quel giorno tutte le sue azioni sono state innocenti, pure e senza colpa; del resto, se per caso fossero sorte in seguito delle chiacchiere e delle voci meno convenienti, sarebbe stata la santità della sua vita a confutarle. Disse questo e altre cose. L'esito del colloquio fu il seguente: che da un lato la donna rimase più sospettosa di quanto fosse in precedenza; dall'altro il Cardinale se ne partì più inquieto e preoccupato di quanto fosse prima di giungervi".
Giovanni Paolo Osio scappa dal castello di Pavia dove è tenuto prigioniero e torna a Monza. Si nasconde nel Monastero prima nella stanza di suor Ottavia e poi in quella di Benedetta. I movimenti delle due complici non passano inosservati e le consorelle avvisano il Borromeo che manda subito qualcuno a prendere suor Virginia con la forza per essere portata a Milano nel monastero di S. Ulderico al Bocchetto (un nome una garanzia). E gli uomini del cardinale dovranno veramente usare la forza perché la Signora liberatasi dai legami prende una spada e la brandisce furiosa e tenta di fuggire. "E' facile comprendere come da quel corpo, da quella bocca e da quell'animo, insieme alla verginità, se ne fosse andato anche ogni pudore, e come essa, non più vergine, non fosse degna di stare più a lungo nel novero delle vergini; e infatti osò dire di essere stata iniziata agli ordini sacri in modo non conforme alle regole e alle disposizioni; di essere stata chiusa in un monastero dai suoi contro la propria volontà; di non aver avuta l'età prescritta quando vi entrò; di non avere avuto gli anni richiesti per la cerimonia della professione; e quindi che non poteva pronunciare i voti. E sospinta dalla propria audacia e da una grande arroganza pronunciò in particolare queste parole: che lei si doveva sposare, e che dovevano darle colui che essa aveva già prescelto". Pochi giorni dopo iniziano i processi. Vengono sentiti il portinaio e la moglie che già avevano lamentato alle autorità gli strani movimenti che avvenivano all'interno delle mura monastiche e per questo erano stati licenziati e poi la badessa naturalmente, nemica di suor Virginia e cominciano anche gli interrogatori delle suore del convento. L'Osio che a quel punto era fuggito riceve la richiesta da suor Ottavia e suor Benedetta di essere aiutate a scappare perché non vogliono subire il processo. Giovanni Paolo le fa fuggire ma poi tenta di ucciderle. Ottavia viene colpita con il calcio dell'archibugio alla testa e poi buttata nel Lambro, non morirà subito, verrà salvata dalle acque e prima di spirare confesserà i suoi crimini e suor Benedetta verrà buttata nel pozzo di Velate ove già giace la testa della conversa Caterina da Meda. Anche Benedetta sopravvive e confessa. Alla fine del 1607 vengono arrestate anche le due altre complici della Signora, suor Candida Colomba e suor Silvia Casati che confesseranno il loro coinvolgimento sotto tortura dei "sibilli"(andate a guardare cosa sono, interessanti legnetti). La fine dell'Osio, che nel frattempo è scappato nelle terre di Venezia e ha tentato tramite una lettera di accusare Ottavia e Benedetta di tutto, scagionando lui e suor Virginia, non è certa; morto è morto questo si , ma non ci sono notizie certe sul se decapitato a Monza o ucciso dallo stesso amico veneziano che lo aveva ospitato.
La Monaca di Monza riceve la sentenza il 18 Ottobre 1608: verrà murata viva per il resto della vita in una cella di un metro e cinquanta per due e cinquanta con una feritoia dalla quale far passare aria e cibo, nel ricovero delle convertite di Santa Valeria vicino alla chiesa di S.Ambrogio, un ritiro sporco e malconcio per ex prostitute. La colpa non viene specificata, il motivo è riassunto in questa dicitura: "plurima gravia, et enormia, et atrocissima delicta, de quibus omnibus in processu contra eam.". Quasi un'anno dopo anche le tre complici rimaste, ricevono la stessa condanna e vengono murate vive a vita nel convento di S. Margherita.
Dopo 14 anni Marianna de Leyva esprime il suo pentimento e viene fatta uscire dalla cella. Rimane in silenzio, l'unica persona con la quale vuole parlare è il cardinale Borromeo. Lui acconsente dopo l'insistenza delle suore di S.Valeria e l'accoglie con queste parole: "E così dunque, femmina spudorata, non ti vergogni di presentarti al tuo pastore? E così dunque tu, infame, osi anche stare davanti ad un presule? Tu, del tutto indegna di stare sulla terra, degna piuttosto di ogni supplizio, degna di essere rinchiusa tra due pareti, finché sei viva, come pure di essere sepolta all'inferno, una volta morta. Di' sù, di' chiaramente una buona volta se sei proprio quella stessa che in passato era tanto potente! Non sei stata abbastanza punita sino ad ora? Desideri ancora che si faccia ricorso a carceri più strette, che ti siano comminati supplizi più severi? Che vuoi, femmina miserabile? E stai attenta a non alzare gli occhi impudichi, indegni di fruire e di godere la luce". Durante il colloquio Borromeo cambia tono, in qualche modo si accorge forse della veridicità del pentimento e negli anni seguenti le fa visita più volte e tesse le lodi di questa conversione in diverse lettere che le scrive.
Marianna de Leyva, Suor Virginia Maria, la Signora, la Monaca di Monza, muoiono il 7 Gennaio 1650 all'età di settantacinque anni nel ricovero per ex prostitute di S.Valeria.

September
Cosa ci aspetta?
Nel mondo le solite cose, non vedo segni di miglioramento. Le teste di cazzo rimarranno teste di cazzo e gli altri subiranno un po' di questo e di quello, ma con il sorriso perché tornati dalle vacanze. I morti rimarranno morti e i vivi faranno di tutto per soverchiare altri vivi. Non sembra esaltante vero? Ad Aki ho detto: "Pensa, ora hai altri due anni di medie, poi cinque di liceo, dopo cinque/sei anni d'università e poi la ricerca di un lavoro e il lavoro e le bollette e le tasse e i problemi finanziari e amorosi e di vicinato e poi la vecchiaia e infine, la morte". Cazzo, un quadro così nemmeno il migliore dei pittori oscuri riuscirebbe a dipingerlo. Lui ha sbarrato gli occhi nel panico e la Marghe è corsa in suo aiuto: "Non ti preoccupare amore ci sarà sempre ammamma con te, sempre". Ma la vita non è così, questa è quella che ci propinavano i nostri genitori, quelli della generazione prima della mia: "la vita è sofferenza, studia pirla, così farai carriera e potrai metterlo nel culo alla miseria".
La vita non è questa!
La vita è un gran minestrone dove il buon boccone e quello amaro convivono compenetrandosi, compensandosi, arricchendosi di sfumature, dove il brutto fa diventare esaltante anche la vittoria del Milan (2020/2021 scudetto e Europa League), dove la tragedia unisce e la ripresa torna a disunire, dove la gente si indigna per la chiusura di un locale sulla spiaggia solo perché il proprietario ha falciato duecento metri quadri di macchia mediterranea, dove a gente che cura il Covid prendendo la tachipirigna viene dato uno spazio in tv come opinionista perché ricca, dove paghiamo fior di quattrini i nostri rappresentanti perché facciano i coglioni al Papeete o si facciano portare fuori a braccia dal parlamento, dove una starlette del cazzo (ma anche fosse stato Brad Pitt) può permettersi di fermare l'imbarco di una nave perché non vuole sottostare ai regolamenti e indossare una mascherina come facciamo tutti e questo fa notizia su un mega quotidiano invece di passare come fatto inosservato e risolto in pochi minuti con l'arrivo di un bel carro attrezzi che carica macchina e starlette e via verso un bel parcheggio della polizia municipale.
E la Garage in tutto questo?
Beh, la Garage ci metterà tutto il suo impegno a truccare ogni aspetto di questa vita, perché il trucco, se fatto bene, mette in luce il bello e se fatto ancora meglio, amplifica il brutto a tal punto da renderlo qualcosa che va oltre ogni idea di piacere: lo rende affascinante.
Il Maricomio ospiterà personaggi delle favole, dei fumetti e forse, chissà, divi Ollivudiani. Scrittori presenteranno i loro scritti, pittori i loro pitturi, scultori i loro sculturi. Ci saranno corsi e stage di fotografia, di scrittura; sul set verranno serviti cibi strani e nudi e abiti e orpelli e facce e gag e storie, tante storie.
Io da oggi sarò qui a mescolare i colori, magari non tutti i giorni, ma ci sarò; quindi chi ha idee da proporre o esigenze di uno spazio o bisogno di foto per rendere visibili i propri prodotti, mi troverà nella Garage, al fresco, mentre il resto fuori coce!
A tout à lore.

Garage
Quelli che seguono Facebook, Istagram o persino Linkedin hanno già potuto constatare l'apertura della Garage Creative Gallery, ma io non avevo ancora scritto una parola su questo blog. I primi scatti, le nuove idee o la prosecuzione delle vecchie, come Maricomio, le stanze buie della mente dove si nascondono segreti, follia, perversioni, fantasie, insoddisfazioni, sogni infranti, progetto a cui tengo molto e di indubbia difficoltà nel trovare soggetti disposti a buttarsi, lasciarsi andare davanti all'occhio severo e indiscreto della macchina fotografica, sono stati il punto di partenza di questa nuova esperienza. La Garage dovrà essere uno spazio poliartistico e polifunzionale non solo uno studio fotografico e io e Margherita ci stiamo muovendo in questa direzione, sudando idee che, se non a Settembre (vedremo disposizioni COVID), ma ad Ottobre dovranno prendere vita. Dopo la generosa donazione della nostra amica Maria Silvia Agatau di ben 14 scatoloni e 20 borse della Penny stracolme di libri di fotografia, mi sono dedicato a spulciare tra le migliaia di pagine e ho ritrovato alcuni numeri di riviste d'arte credo dei primi anni ottanta o forse novanta; L'idea di creare una rivista, rigorosamente cartacea, mi ha sempre allettato e sfogliare quei magazine ha eccitato maggiormente la mia fantasia che ha urlato dentro di me come il dottor Franchenstin: "Si... Può... Fare!!!". Ma si sa, tra la passione e quel fare, ci passano un mare di variabili: staremo a vedere!
Quando entro nello studio mi sento a casa, è un ambiente molto accogliente e sono fiducioso che chi si ritroverà a usufruire di questo spazio ne rimarrà entusiasta. L'inaugurazione non è stata ancora fatta naturalmente ma, appena saremo sicuri della data questa verrà divulgata anche attraverso i piccioni viaggiatori.

IL BUONGIORNO...
Stamane mi sono alzato alle 5.30 imprecando verso gattotto che dalle quattro del mattino comincia a rompere i coglioni per cibo e uscita. Se tutto va bene mi ritrovo a pulire, di primo acchito, una bella vomitata di pelo, se va male, come ieri, la vomitata me la ritrovo direttamente dentro allo zoccolo che dorme col suo compagno ai piedi della scala. A parte questo che scatena una sequela masticata di bestemmie, amo svegliarmi presto e i colori che mi accolgono prima che sorga il sole cancellano senza fatica un paio di rigurgiti. Nutro le bestie, mentre l'acqua per il mio Nescafè bolle, accendo il computer e comincio il mio web tour, sempre uguale (su safari ho messo i siti in ordine e quell'ordine seguo). Corriere della Sera: leggo i titoli e guardo le figure e già anche i colori più intensi cominciano a diluirsi nel grigio; le polemiche governative, i tuttologi epidemici, gli economisti postpandemici, le soubrette opinioniste, i cantanti che ci spiegano come passare la giornata in quarantena, i patrioti da balcone, i politici saltimbanco e quelli saltinbranco, i supereroi in camice, i complottisti, gli evangelisti apocalittici e i rivoluzionari idioti, il vaticano che da soldi ai trans (come se fosse una novità) e il campionato di serie A che non si decide a riprendere. E poi la notizia che gira da tempo ormai: il grosso problema delle mascherine!!!No, non quello della mancanza e nemmeno quello della speculazione, mi sarei stupito del contrario, no no, quello dell'immondizia che si è arricchita di questo nuovo elemento, infetto, inquinante e che viene buttato nei giardini, nei parchi, per le strade, proprio in quei luoghi agognati per così tanti giorni durante questa quarantena brutale che sta traumatizzando psicologicamente i nostri figli a tal punto che il prossimo mondo sarà un mondo di pazzi frustrati. E qui la domanda sorge come sorge un cavaliere: ma sarà veramente il CoV-19 il nostro problema? Lui è il virus o è la cura? E si, perché se non si è completamente ottusi e umanocentrici arroganti, non si può non chiederselo. A quel punto il mio amore per il prossimo vacilla abbondantemente mentre passo al sito successivo, Tumblr, un'insalata di immagini d'arte che va dalla pittura, alla fotografia, al video. Se scegli bene chi seguire trovi cose interessanti e li comincio una sorta di riconciliazione. Passo a LinkedIn, social mai capito ne apprezzato, non so nemmeno perché sono iscritto (mi hanno detto che serve per il lavoro, mah) e mi accorgo, quasi per caso, di aver ricevuto un messaggio. Vuoi dire che l'ho sempre sottovalutato? Niente affatto, il messaggio è di un'associazione ONU che mi chiede di inserire nel mio testamento( vaffanculo chiunque tu sia, con la sinistra faccio le corna e con la destra mi tocco i Camillereschi cabasisi) un lascito a favore dell'associazione stessa, impegnata nell'onorevolissima crociata per salvare i profughi di guerra e i dissidenti politici. Il web mi prende per il culo? I miei pensieri stamani sono impostati sull'Armageddon e mi chiedi dei soldi per salvare esseri umani? Lo so, così suona brutale e insensibile, suona da persona di merda, fredda e cinica, ma sono particolarmente stanco di vedere che l'umanità non cambia e di essere convinto che non cambierà mai perché nessun segnale indica il contrario; e stufo di sentire quelli che ci credono ancora e quelli che credono che dio parli attraverso un Vaticano che se pagasse le imposte come giusto che sia, l'Italia sarebbe il paese più ricco d'Europa (non ci fossero le mafie chiaro), a quelli che credono che non si debba rispondere alla violenza con la violenza. Se si vuole che trionfino i buoni, i rispettosi, i sensati, gli altruisti, le menti aperte, bisogna ammazzare i cattivi, nessuna conversione, ammazzarli tutti punto (almeno tutti quelli che si conoscono). Sproloquio lo so, ho bevuto il brodo direttamente dal piatto con risucchio e relativa sbrodolata. Comunque tranquillizziamoci, i nostri figli non saranno più pazzi di quello che già non sono, non saranno più saggi o meno saggi rispetto a quello che gli avete insegnato, continueranno in parte ad essere degli emeriti stronzi, in parte ad essere degli emeriti imbecilli, in parte ad essere la parte migliore. E state tranquilli, risaliremo dalle profondità del nostro bel laghetto di merda a galleggiare placidi ancora per un bel po'; le trombe dell'Apocalisse non sono ancora così vicine. Ma questa è solo la mia opinione e non faccio nemmeno la soubrette.
I rott u Chez
Avete visto l'ultimo miusicol di Broduei?
Spettacolare!!!
Io lo vedo tutte le mattine e per farlo mi sveglio alle cinque e mezza. L'opera inizia con il protagonista, nonché membro più anziano della PigBicChezCompani, il consumato attore Cazzotto, solo, nel buio della sala intona un canto al quale non si può resistere, più che un canto è un melodioso richiamo con pause più o meno lunghe; in quelle note c'è un punto di domanda(questa non è mia): "Qualcuno mi ascolta? Qualcuno ha una minima idea della sofferenza che provo?" La fame signori; lui canta la fame nel modo più accattivante che possiate immaginare, la voce della sirena di Ulisse. Chiama e ascolta, si volge alla platea, non a qualcuno in particolare, spara nel mucchio. La fame signori, nella più nera delle accezioni e nessuno, la canta come lui. Qualcuno abbocca, nel buio parte una bestemmia, bestemmia che si rivolge alla vita, la vita dura di chi non ha.
Un occhio di bue a quel punto si accende e inglobando nel suo cono di luce l'attore ancora solo in scena, ne cattura i lineamenti stravolti dalla sofferenza. E' in cima alla scala che s'innalza alla destra del palcoscenico. Nel cono di luce, a questo punto entra una delle comparse, in mutandoni sbrindellati e a mezzoculo. Il volto è coperto dalle mani, non vuole vedere, non riesce a credere che possa esistere un dolore così lacerante e sempre imprecando come una focena incagliata in una rete da pesca, prende a scendere le scale, una dopo l'altra, con circospezione, tutto quel patire un po' lo ha disorientato e lo costringe a procedere in equilibrio precario. Al primo piede appoggiato sul primo gradino, Cazzotto parte anch'esso, optando per una via obliqua e zigzagante. Iniziano a danzare affrontando i gradini, come direbbe la mia compagna, con movimenti fuori peso; La comparsa tenta di non ruzzolare di sotto mentre Cazzotto gli passa tra i piedi con abilità impressionante. Non si sa come, probabilmente per la benevolenza di uno dei pochi Dei non tirati in causa durante la discesa, arrivano in fondo e a quel punto le luci si accendono illuminando tutta la scena.
Cazzotto, senza più badare al suo soccorritore, avanza sicuro verso la sua ciotola che risulta essere piena e appetitosa mentre la comparsa scoperto l'inganno e sentitosi preso per il culo, strattona dal cielo gli ultimi Dei rimasti illesi smoccolando fanculi a destra e a manca. Poi si guarda intorno, la scenografia riproduce la sala/cucina di una casa di campagna: tavolo di legno con sedie altrettanto, divano, libreria e scrivania da lavoro corredata con tanto di poltroncina modello ufficio. E proprio li su quella seduta, la sua sedia, si erge un'altro dei protagonisti: Blondcaz. Procace, il corpo plasmato nella tipica forma a pera, è seduta ben ritta, ma con gli occhi chiusi: dorme in piedi in modalità equina. Per lei, che è una star lasciva e sfuggente, alzarsi a quell'ora è una barbarie. La comparsa, che solo ora si capisce essere sulla carta, ma solo su quella, il proprietario della baracca, non può fare a meno di immaginarsela con due fette di cetrioli sugli occhi e una maschera di bellezza mentre si fa limare le unghie. Buggerato e ormai completamente prigioniero della nuova giornata, la comparsa, che chiameremo R per semplificare, tenta di dedicarsi a se stesso. Mette su il caffè e anche qui la danza rasenta gradi di difficoltà non indifferente. Cazzotto ha finito il suo cibo e ne chiede dell'altro intralciando come prima anche il movimentio più semplice mentre fuori dalla porta, appena percepibile tra i canti d'amore laceranti, voci colme di pena, perché l'amore è come la fame, l'altezzosa e prepotente Lola chiama, voce bassa e roca da frequentatrice di locali notturni, fumosi e alcolici; questa notte non è rientrata come spesso accade e ora reclama il suo diritto ad un letto morbido e caldo sul quale attorcigliarsi. R finge di non sentire, ci prova, vuole il suo caffè, tenta di mantenere un'atteggiamento scocciato e distaccato, ma poi cede e apre la sua dimora al mondo.
Eccoli lì gli altri attori della Compani. Pelosa, bellissima e fragile nella sua pelliccia vaporosa da centrifuga misto lana; Orcatroia, dagli occhi sempre in modo "cazzo devo aver combinato un guaio", il Guercio, muscoloso e picaresco, occhio destro perso in battaglia, un incrocio tra Jack Sparrow e lo stregato e Paul Ghetti, nero con un cerchio di pelo bianco intorno all'occhio destro e l'orecchio sinistro mancante, si dice che l'anonima sequestri sarda non c'entri. Il tema melodico principale irrompe in tutta la sua potenza, l'orchestra sembra posseduta dal diavolo stesso; I rott u Chez raggiunge le vette più alte dell'arte, la gloria nei cieli; musica e ballo si fondono coinvolgendo il pubblico emotivamente in un turbinio esaltante. Quando tutto sembra placarsi, il volume sfuma e i protagonisti appagati si sparpagliano a godersi il meritato riposo, R, già provato come un minatore a fine turno, alle sei e trenta si siede alla scrivania e tenta di mettere insieme la giornata nella quiete ritrovata. La musica è soave e lenta e lo culla in quella pace di vulcano assopito, riportando i suoi pensieri, disseppellendo la sua creatività e riempiendolo di un euforia artistica che sfreccia su una moto a centoallora, esonerandolo dal passare del tempo mentre la musica si alza come in un bolero, una marcia trionfale. Al culmine di quest'estasi, mentre la lancetta dell'orologio ormai segna le nove, la puntina slitta sul vinile interrompendo la musica con un rumore assordante, il trapano di un dentista e quella fitta che attraversa occhi e cervello costringendoti a stringere le palpebre!
Un secondo di silenzio in cui il pubblico freme come uno sciame di cicale.
AMOREEEE, mi sono sbeliata!!!
La voce arriva dall'alto della scala e cala il sipario sul primo atto di I rott u Chez!!!
Merda, merda, merda.

Un crepuscolo Covid
Porto la spazzatura su per la strada sterrata al calare della sera. Oggi raccolgono l'umido. L'aria è calda e soffia appena. Il bidoncino, va lasciato sul ciglio della provinciale dove passerà il camioncino della nettezza urbana. La peste che sta attraversando il globo miete vittime costringendo la maggior parte delle persone a chiudersi nelle loro case, diventate galere private. Oltrepasso la striscia d'asfalto oltre la quale si apre uno spiazzo adibito a parcheggio, niente cemento, terra; oltre il muretto di pietra, un vigneto stira i suoi rami su per una bassa collina. In lontananza Firenze immersa in un silenzio irreale, la cupola del Brunelleschi sopra ogni cosa. Nessuna macchina e questo quasi mi costringe a fermarmi al centro di quella strada che sale dal bosco degli Scopeti. Non posso fare a meno di restare lì, immobile, nemmeno la brezza rompe quel silenzio post atomico, lo accompagna con discrezione. Mi ritrovo egoisticamente a sperare che tutto questo non finisca, che rimanga così, in questa tragica assenza piena di vita. Mi scuso con il mondo, anzi no, con l'umanità per questo pensiero, per il mondo tutto questo è una pausa. Il poppante è costretto a riprendere fiato prima di riattaccarsi a quella gigantesca poppa e ricominciare a succhiare tutto il nutrimento di cui ha bisogno e anche di più, con avidità prosciugante, privo di alcun senno ne rimorso, vuole ciò che vuole, nessun poi.

Lo dico chiaro in modo che non ci siano equivoci.
Io sono anticlericale, di qualsiasi clero si parli. Sono allergico al fanatismo, allergico al buonismo, allergico all'umanesimo e all'animalesimo e al buddismo e al terrapiattismo e al fruttarianesimo, in una parola sono allergico all'estremismo cieco e becero. Sono allergico al vento della verità che soffia da una sola direzione, vento politico, religioso o alimentare che sia. I guru non li sopporto in nessun campo, così come non sopporto gli dei. Non nego possa esserci un dio o un essere superiore o un entità superiore, ma che nessuno mi venga a dire di esserne il portavoce altrimenti mi va il sangue al cervello. Nessuno mi parli delle parole di conforto del papa, ne della vita pia votata alla santità di persone che sguazzano in vasche d'oro, che soffrono dello stesso arrivismo dei broker di Wall Street.

L'aria che tira
Cosa sarà peggio in questa situazione di isolamento forzato?
Vivere con se stessi? Scavare nei silenzi, scoprire i limiti, le debolezze, fare i conti con le azioni non proprio pulite, i pensieri non proprio puri o altruisti, quelli che si fanno sempre ma che solitamente si perdono nel rumore assordante di una vita che assorbe con le sue esigenze, con le sue aspettative, sempre più momenti intimi?
Vivere con chi hai scelto di vivere? Senza pause, senza intervallo, nello stesso spazio dove muoversi senza urtarsi è complicato; bisogna trovare i movimenti di una danza, il ritmo giusto e poi ballarlo insieme e per chi dall'unione ha avuto dei frutti, trastullarseli, tutto il giorno; non come in vacanza, dove le onde del mare o gli amici o le giostre se li cullano per la maggior parte del tempo, no, dimostrando quell'amore sine conditio che sempre millanti quando parli di loro, nello stesso limitato spazio dove è già difficile in due. Le coppie si uniranno nella guerra contro questa pandemia rinsaldando il loro rapporto, ritrovando il loro rapporto o scoppieranno scoprendo realmente chi è l'altro, senza più poter mentire a se stessi facendo finta di non vedere? Due, (ma più realisticamente) tre settimane sono lunghe da trascorrere in questa nuova pelle, e diventano infinite se ci si rende conto della menzogna in cui si è vissuto, quando si aprono gli occhi per scoprire che hai camminato in una Matrix e quello che vorresti sarebbe tornare a nuotare nel liquido amniotico dell'ignoranza che protegge come credere in un dio che veglia su di te o come credere che la promessa di un'alta vita protegge dal vuoto infinito della morte, dal ritorno ad essere un insignificante misero mucchietto di cenere.
Sarà la morte? Magari non la tua, quella di un tuo prossimo, quella che non potrai mai sapere se hai contribuito ad accelerare, per pura sfiga o per un comportamento sconsiderato, solo perché quella volta non hai resistito alla tentazione di un aperitivo o di un abbraccio o di sentirti ribelle e combattere con la strategia dell'ignorare l'uomo nero: "se non crederò in lui si dissolverà nella voce senza peso dell'anonimato", attribuendo al virus un'anima, un amor proprio. Chissà se quell'atto di vigliaccheria di fuggire nella notte per tornare da chi si dice di amare, mettendolo a repentaglio solo perché il tuo egoismo non ti permette di immaginare, di concepire, che potresti morire solo. Chissà se il rimorso per quell'atto di debolezza ti mangerà giorno dopo giorno o ti dimenticherai per spirito di sopravvivenza di averlo mai fatto; chissà se ti assolverai con indulgenza perché in fondo sei solo un uomo e un uomo commette errori, la stessa indulgenza che negherai all'errore di qualcun altro nei tuoi confronti
Mi chiedo se questa pestilenza ci costringerà a migliorare. Migliorare costa fatica, uno sforzo immenso, vuol dire ammettere, vuol dire cambiare spesso radicalmente; vuol dire essere pronti ad affrontare movimenti sismici così violenti da minare la nostra struttura sociale, mentale, forse molecolare. Vuol dire smettere di sperare nei miracoli ma muoversi verso di essi. Vuol dire smettere di bluffare con l'io e giocare a carte scoperte, smettere di mostrarsi e farsi vedere, smettere di vendersi come oro quando si è solo plastica che soffoca il mondo.
E mentre gli arresti domiciliari purificheranno l'aria e forse avveleneranno gli animi, e forse illumineranno inganni, e forse ridimensioneranno parole troppo grandi per essere pronunciate con leggerezza, e forse distruggeranno illusioni, e forse ripescheranno merda, e forse costringeranno gli scheletri nell'armadio a sbattere le ossa del ricordo, e forse apriranno baratri, e forse ferite, e forse riporteranno in superficie pruriti, e forse appetiti, mi auguro che risveglino allo stesso modo passioni, che stimolino fantasie intorpidite, che ridiano il giusto posto sul podio a ciò che veramente conta, che rilancino il pensiero e con esso la cultura del nostro paese, l'importanza dell'arte, della selettività e della ricerca dell'eccellenza che non si limiti unicamente alla buona tavola. Mi auguro che ritorni il buon gusto, l'amore per le nostre bellezze e il senso civico per salvaguardarle e difenderle dal vandalismo improduttivo. Mi auguro si torni a leggere, perché leggere aiuta a pensare, a vedere da un'altra prospettiva, a riprendere lo scorrere del tempo valorizzando ogni minuto, gustando i particolari distribuiti lungo il viaggio. E' quando la mente si fa domande, per quanto scomode, che vive ed evolve e che magari si disintegra perdendosi nel dedalo di possibilità, questo rischio esiste: tutto può essere il contrario di tutto, è mettersi in discussione, sempre e questo fa diventare uomo e insegna a vivere senza punti fissi, senza corridoi che come mucca conducono al mattatoio, senza muri precostituiti, che non vuol dire fare il cazzo che ci pare, bensì essere liberi nel rispetto del tutto e quindi di se stessi.
Se succedesse una piccola parte di quel che mi auguro, il tempo che consideriamo di prigionia si trasformerebbe nel tempo per riconquistare una libertà mai provata e sarebbe vincere seriamente la morte e la fatica e la sofferenza e il vuoto incolmabile che lo stop della serie A ci sta facendo vivere.

Forassiti, impiantito e scrigno.
La Gallery, rispetto alla foto desolante che si può vedere qui sotto, è in avanzato stato di compimento. In barba al corona virus qui si lavora a spron battuto per arrivare a una degna e quanto mai vicina inaugurazione. Nel frattempo ho firmato un paio di giorni fa il contratto con un agente letterario, Giovanni La Manna, al quale sono stato caldamente raccomandato (si può dire questa parola senza suscitare un'immagine spiacevole?), da quella signora che ormai quasi tre anni or sono, si era lanciata in picchiata e con abnegazione nell'editare, stampare e sponsorizzare il mio primo romanzo, Polimero, quella santa donna di Virginia Martelli (XY.it editore).
"Minchia non ci pozzo penzare tri anni... tri anni"
Giovanni La Manna si occuperà di me e del mio nuovo libro, l'incrocio tra un dossier e un giallo; la purtroppo vera e irrisolta storia del mostro di Firenze, intrecciata con una serie di omicidi nei quali Francesco Mana, fumettista dotato di indubbia buona mano, ma che si perde in storie deboli, poco convincenti e probabilmente per questo di scarsa fama, si troverà coinvolto mentre, per sfidare se stesso scrivendo un libro, scenderà nelle tenebre di una delle storie italiane che ancora oggi fanno accapponare la pelle se si abita tra queste colline e si passa da codesti luoghi di 'sì trista fama. La quantità di personaggi che popolano la storia del mostro, il ritratto di una provincia che racchiude nature umane ai limiti dei pozzi neri, gli errori della macchina investigativa, uniti alla poca preparazione nell'affrontare quel che fino ad allora era appannaggio della grande America con i suoi serial killer, pasticci, sviste, decine di piedi ad inquinare i luoghi dei delitti e poi l'ingranaggio giudiziario che tenta di aggiustare le cose dando un volto all'orrore, anzi tre volti ma che forse poi avean mandanti di alto loco che volean feticci per loro gioco, travolgono Mana in una ricerca maniacale fino a gettarlo in quel lago nero che alberga in noi e dove ci si sporca le mani, ricerca che sveglierà qualcosa che forse era morto o forse semplicemente dormiva.
Il romanzo non dormirà, La Manna sveglierà l'interesse delle case editrici mentre io, osservando in trepidante attesa le forassiti sbucare dai muri come dita che incanaleranno l'energia che alimenterà, con tanto di bolletta, le idee che svilupperemo in questa gallery, scrivo il terzo romanzo, mi documento per il quarto, cucinolavostiro e mi preparo al matrimonio.
Vah che faccia allegra nella foto!!!

Gallery vs. Acqua
La Gallery continua a crescere dentro la pancia di questo paese, scalcia, si rinforza e a volte sgomita per farsi largo. Qualche mese fa un tubo rotto ha semi allagato la parte del fondo che verrà destinata allo studio fotografico, tre giorni orsono un'altro tubo ha deciso di creparsi in uno degli appartamenti soprastanti e la volta ha cominciato a gocciolare e inumidirsi; le gravidanze senza intoppi sono rare si sa, ma noi passiamo di li e guardiamo con fiducia e impazienza il ventre gonfio che si prepara alla nascita. Siamo un popolo di sognatori e marinai, non sarà certo l'acqua a fermarci.
E intanto fuori piove, a volte scroscia, poi il cielo si apre lasciando uscire i colori saturi di gialli e di rossi dell'inverno; dicono che imbiancherà; staremo a vedere!

Don Q. vs Adolf H.
... e alla fine il muro è caduto. Me lo ricordo. Un muro eretto proprio negli anni in cui i muri venivano divelti, presi a calci, stracciati. Si liberavano le tette dalla costrizione dei reggiseni e una città veniva divisa in due con lo stesso criterio di due bambini che si spartiscono la merenda. Metà restava nel vasto Occidente, dove il mondo si apriva a una nuova esperienza dell'umanità e metà veniva chiusa tra le pareti soffocanti del comunismo sovietico e sotto il controllo di quella Stasi che tanto assomigliava alle SS.
Cosa c'entrano H. e soprattutto Q.? Beh H. è il fautore di quella scissione approssimativa dai bordi frastagliati, l'ascia che ha diviso in due quel popolo al quale, ironia della sorte, voleva regalare più spazio vitale eliminando qua e là razze che considerava inutili. Q. si è trovato, suo malgrado coinvolto in quella ricerca, studio o approfondimento qual lo si voglia chiamare, forse per la stesura di un nuovo libro ambientato in quel periodo di morte e distruzione e sterminio e genocidio che fu la Seconda Guerra Mondiale. Se ci penso bene in effetti un flebile paragone lo potrei azzardare. Q. è un romantico che per innalzare il suo nome all'immortalità della cavalleria rompe i coglioni a chiunque incontri anche solo perché, povero ignorante, non gli ha ceduto il passo, un arrogante visionario che vede imprese eroiche ovunque si giri, scambiando mulini per draghi e una contadina non certo avvenente per una stupenda dama, la sua dama Dulcinea (nemmeno il suo vero nome ha lasciato a questa povera donna). Anche H. è un visionario, vuole far sedere il suo popolo nell'Olimpo, probabilmente al posto degli dei che lo abitano con lui sul trono di Giove. A differenza del primo, a parte l'evidente irrealtà, che pagherà sulla sua pelle e su quella del suo fido accompagnatore Sancho le sue allucinazioni uscendone spesso macilenti oltre che pre incarnare le figure comiche di Stanlio e Olio, il secondo presenterà il conto all'intera umanità infangando il nome di quel popolo che tanto voleva assurgere all'Olimpo, probabilmente deportando per poi applicare "la soluzione finale" agli dei stessi. E quindi eccomi li a leggere come avevo fatto con il mostro di Firenze intere pagine dedicate all'orrore e dall'altra a tentare di disegnare a mio modo una tavola commissionatami su un personaggio della letteratura picaresca.
Storia, letteratura ed espressione visiva, che si ricava stralci di tempo tra le pappe ai gatti, le spese alla Coop e le gitarelle in macchina per accompagnare questo o quello a fare una cosa o l'altra: come mi piace questo lavoro.
(Segue emoticon sorridente)

Quattro chiacchiere fra autori e lettori...
... una conversazione informale, un evento social live... che schifo di definizione. L'"evento", già mi ricorda la Milano dove qualsiasi cazzata a qualche "illuminato" mattatore venga in mente, si trasforma in un evento. Qui si faranno quattro chiacchiere come in cortile o al bar, niente eventi. Un evento eccezionale, caso mai, sarebbe se partecipassero un numero di persone superiore a: diciamo cinquanta, calcolando la corte che ogni autore potrebbe portarsi appresso. Sarebbe un evento perché la lettura dimostrerebbe di non essere solo una forma di cultura altezzosa e asociale da consumare ripiegati su se stessi, da stipare nei recessi della propria anima, ma un punto d'incontro fra i più ravvicinati, tra fautore e fruitore.
Quindi intervenite numerosi, non siate timidi, non siate pigri, non siate avari di attenzione, fate si che le quattro chiacchiere si trasformino in un gran "evento".
La rabbia e la colpa

Ho da appena finito di leggere un libro tanto bello quanto tremendo, un libro che mette a nudo una natura umana che di umano non ha un bel niente oppure tutto , me lo domando. Cos'è l'umanità? Il buono o il deplorevole? Essere disumano pensando ai gesti che l'essere umano può compiere mi vien quasi da dire sia un complimento.
Se umani sono i ragazzi del Circeo che dopo aver picchiato e stuprato e ucciso sono andati a mangiare una pizza con le vittime chiuse nel portabagagli dell'auto (una ancora viva per loro sfortuna) o quelli individuati ieri come i colpevoli della strage al concerto di Sfera solo per rubare e garantirsi macchine, vestiti, un tavolo in zona vip in una discoteca magari o i gerarchi nazisti e con loro migliaia di subalterni che hanno sterminato, senza prima farsi mancare di mettere in atto tutto il corredo delle torture immaginabili e non, ma eseguivano solo gli ordini; Polpot e i suoi seguaci cultori dell'ignoranza come forma di umana eguaglianza legata alla terra, o i regimi comunisti per un erratamente volontaria interpretazione del marxismo o la chiesa con i suoi inquisitori o con i suoi pedofili debitamente occultati finché è stato possibile o con il suo potere su masse credulone o delle mafie o delle democrazie con i loro servizi segreti o degli sfruttatori del lavoro minorile o che lucrano sulle malattie, o di quelli che semplicemente mentono, tradiscono, fomentano usando la loro posizione privilegiata, di quelli che urlano perché esistono solo loro, invadono, se non paesi, la privacy altrui in nome della socialità. Se l'umanità è questa ed è anche questa, beh, essere disumani è un privilegio al quale nessuno di noi può aspirare.
Possiamo dare la colpa a chiunque, a qualsiasi cosa; ai film violenti, ai video dei rapper solo soldi, figa e macchine di lusso, ai testi delle canzoni, al rock musica del diavolo, a Marilyn Manson, a Young Signorino, ma la verità è che l'umanità è anche questo e prende come scusa qualsiasi cosa gli faccia comodo e demonizza tutto ciò al di fuori del proprio essere. Un giorno si chiama Hitler, un giorno Stalin, un giorno droga, un giorno alcool, un giorno ebreo, un giorno rock, un giorno rap, un giorno ateismo, un giorno infedele, un giorno strega, un giorno uomo, un giorno donna, ma mai e poi mai semplicemente:
Umanità.

Garage Creative Gallery
Fondo profondo liberato da tini di armato cemento
Tini impregnati da profumo di mosto tramutato in vino
Ignudo e silente, scavato, nel ventre di un dinosauro dormiente
Le costole ad arco, la pelle di pietra
Frazione antica di Machiavellico volere
Rifugio di pellegrini e di appestati lamenti
Rivivi ora animale spento, respira di nuovo
Nutriti d'arte, dei suoi sospiri, dei suoi sapori
Della bellezza che apre i cuori
Nel cuore di una terra che della bellezza ha fatto il suo vessillo.

55
Ciao mi chiamo Riccardo e oggi compio 55 anni.
Inizierò la mia giornata con una visita chirurgica per una sospetta, anzi, due sospette (quasi certe) ernie inguinali. Non bevo da due settimane, ma a me paiono sei mesi, a parte un goccio di birra sporadico. Ieri ho bevuto una Corona a pranzo, ma quello non è bere, è più alcolico uno spruzzo di propoli quando hai il mal di gola. Mangio insalata e petto di pollo alla piastra o pesce o frutta o crocchette vegetariane con contorno di statine, pillole per la pressione, per la gastrite e gocce per l'ansia. L'altro ieri ho giocato due ore a tennis dopo quattro anni, ma è come fossero trenta visto che quattro anni fa avrò impugnato la racchetta si e no una decina di volte. Dopo i primi tre quarti d'ora dove le mie gambe avranno fatto si e no cinque metri di corsetta, ho avuto dei giramenti di testa che pensavo di tirare il calzino, poi il filtro antiparticolato si è sbloccato (chi ha avuto i primi modelli di auto con montato questo congegno infernale sa di che parlo) e ho continuato senza interruzioni, ma non per questo correndo di più, fino alle dieci (ieri e oggi le gambe non vi dico). Stasera festeggerò con del sushi e, cosa molto bella, con gli amici che questa nuova terra mi ha regalato. Per loro, per la mia compagna e per il mio figliastro terrò duro, sconfiggendo una delle piaghe di questa società malata, in preda ad isterismi ed esorcismi alimentari, una società che demonizza tutto ciò che c'è di sacro al mondo e che a mio avviso ha segretamente introdotto, attraverso un complotto farmaceutico, questa ulcera biblica, questa invasione di cavallette, tramutando non l'acqua in sangue, bensì il vino in acqua, catastrofe inenarrabile, introducendo, come dicevo, insinuando subdolamente, questi due cazzo di agenti infiltrati che corrispondono ai nomi di Colesterolo e Trigliceride, due rompi coglioni di prima categoria, due sfragnacazzi azzimati che paron due ausiliari della sosta nascosti dietro al camion della monnezza pronti a fregarti appena sgarri.
Terrò duro (stasera non conta) sperando che la luna mi aiuti e non diventi piena a breve, altrimenti vedrete nella notte correre, correre, zampettare, una figura nuda in preda a spasmi gastrici, che insegue cinghiali e cervi per questi pendii cosparsi di vino e olio allo stato embrionale.
Prosit!
(disegno: Riccardo Mari/ Erniaboxer: Ausilium)

Nuovo libro
É pornografico questo tuo benessere.
Stride con l'umana coscienza, con il refolo fetido dell'arroganza che disarma le masse, e con l'ignoranza di massa che disarma se stessa. Sistematicamente.
La volgarità come atto di distaccamento dal potere, dalla classe abbiente.
Il tribale incontrollato senza eleganza.
Discinto senza stile.
Disobbediente senza coscienza.
Disturbante senza obbiettivo.
Distruggente senza mira.
É pornografica la cultura che nutre se stessa, ma sicuramente sbaglio usando la parola "pornografia" in senso negativo.
La pornografia è pura rispetto al resto.
La spiaggia si anima di nulla.
É inverno, la monnezza non sono i bagnanti al contrario di quel che accade d'estate.
Non è una giornata di sole, lui non ne vuole sapere di apparire da queste parti per ora.
Si affaccia e torna subito sotto le coperte timido o disgustato.
Prima o poi uscirà allo scoperto, non può farne a meno, è il suo spirito di protagonismo che vince sulla timidezza.
I piedi nudi nella sabbia fredda provano uno strano sollievo, è una promessa che la sabbia fa loro, fra non molto sarete liberi, almeno tra le mie braccia e io scorrerò tra le vostre estremità accarezzandovi.
É pornografico lo scorrere della sabbia tra le dita dei piedi.
Sbadiglio, perché nessuno mi vede, senza bon ton. So essere triviale anch'io.
Posso persino scoreggiare rumorosamente, cosa che odio.
Non mi ha mai divertito nemmeno da bambino/ragazzo/maschio, l'ho sempre trovata una forma di mancanza di rispetto, ma nel vento che mi circonda cade come l'albero nella foresta, libero di morire con un tonfo assordante che nessuno avverte.
Sorrido e subito dopo l'acqua si infrange a cancellare il rumore che è uscito da dentro.
Un piede dopo l'altro evitando conchiglie morte, rami morti, rifiuti di uomo più che mai vivi e che non moriranno facilmente.
Un onda più grande sputa, aiutata dal vento, nella mia direzione la sua saliva salata, mi bagna la faccia piagata da quel sorriso, forse mi vuole punire, vuole punire quel mio stato d'animo incoerente col resto.
Sei un menefreghista o solo un bambino che non ha voglia di vedere?
Sembra che il naso sia il tuo confine ultimo, il resto si sfoca nella meraviglia di un sogno che come tale non è la realtà.
L'uomo e la donna si sono persi in una corsa cieca che non ha traguardi; le gambe lanciate senza controllo, maldestre, senza eleganza, calpestano tutto, anche se stesse.
E il cielo denso di nuvole nere, cariche di pioggia e di ceneri e di polveri e di veleni osserva giustamente imbronciato.
Non è vero che non vedo, ma non voglio smettere di sorridere, non servirebbe a nulla.
L'uomo uccide la donna per soffocare la sua mancanza, la mancanza che lei è in grado di provocare, come madre, come moglie e come figlia.
L'uomo è debole di carattere. Non accetta la sofferenza, quella fisica forse, ma non quella mentale, quella lo distrugge, la perdita lo distrugge e la sua natura escogita un malvagio piano per evitare questa sofferenza: uccide, stupra, svilisce, mercifica, abdica alla debolezza interiore tradito dalla forza esteriore e muore sempre di più, una vittima alla volta.
Forse è per questo che sorrido, io non sto morendo.
Io non gioco semplicemente a questo gioco. Lo schivo abilmente, ho imparato, sono diventato bravo.
Non ti crederai meglio vero? É per questo che sei pornografico. Ti credi meglio.
Il ritmo del mare non cambia, cambia il tono. Lo alza per dirmi "ti credi meglio".
Si mi credo meglio, lo urlo in faccia alla voce altisonante dell'onda che arriva.
Non ho bisogno di regole, non ho bisogno di fascismi, nazismi, comunismi, regnanti o filosofi o ideologi o statisti. La gente spesso si. Devi dirgli dove andare, quale linea seguire, devi creare loro dei percorsi prestabiliti altrimenti non ce la fanno, si perdono e si spaventano dell'ignoto e perdono il controllo e come animali messi alle strette diventano pericolosi, violenti, sbroccano.
Devi segnare le righe di un parcheggio e anche così faticano, devi segnare una riga di demarcazione per ricordargli che ogni persona ha diritto alla sua privacy, al suo spazio e anche così qualcuno scavalca, non vede la linea o meglio, se ne frega perché il suo confine ultimo è il naso, non il mio.
E allora cosa dovresti fare alzare un muretto su quella linea? E poi un muro? E poi cosa?
Forse dovresti semplicemente dar loro una piccola scarica elettrica, come nei recinti per il bestiame. E se ancora faticano a capire abbatterli, perché non succederà.
Devi dir loro di pisciare dentro il water, devi dir loro di non alzare troppo la voce, di abbassare i loro dispositivi elettronici, di... di non rompere i coglioni al prossimo.
Hanno bisogno del parere di un Dio, del timore di un Dio, della punizione di un Dio, è quello che cercano, una punizione, come dei bambini in cerca di attenzione, come dei masochisti del cazzo.
E diamo questa punizione, a chi possiamo affidare questa missione? Abbiamo i sadici, affidiamoli a loro e les jeux sont faits.
Per questo non gioco. Le regole le rispetto senza conoscerle, senza che me le abbiano scritte, senza bisogno di scosse elettriche, eccedendo solo un poco perché la perfezione è un difetto, è arrogante, è imperfetta.
La giornata è finita quando i lacci delle scarpe hanno inchiodato nuovamente i miei piedi nel buio. Qualche granello di sabbia è rimasto con loro in ricordo della promessa di una prossima liberazione.

"Una ragazza o una donna, una figura che potrebbe essere uscita da un libro di Emily Dickinson, alta e magra in un abitino di tessuto leggero e colori pastello, una Holly Hobby nella campagna inglese con un cappello a larghe tese che ne nasconde il viso e la rende eterea, è in piedi con in mano un libro, sta leggendo a circa metà di questa lunga fila che si forma ogni giorno in questo viale in prossimità di un parco dove corrono donne rinsecchite e abbronzatissime, giovanotti in bello stile, panzoni e cicciottelle in cerca di forme, rassodare, scolpire, bruciare grassi, smaltire cene. Sono in fila per un pasto, davanti al cancello che fra poco si aprirà per distribuire cibo. (...) Fruitori di cibo che non vorrebbero fruire, non fruitori che vorrebbero fruire e lei, li in mezzo, è un frame in bianco e nero in un film a colori. (...)
Penso a quella figura nella fila, alla foto che ho scattato solo mentalmente, a quante foto ho così nella testa e nel cuore e a quante poche sia riuscito a scattarne realmente. Ma va bene, sono li, fanno parte di me, ne conservo il sapore, a volte le dimentico in qualche angolo di questo archivio, riaffiorano all'improvviso e mi regalano il verso di una poesia mai scritta. Il sorriso di quell'uomo che mi offriva un enorme colapasta mentre ero fermo al semaforo, o di quella bambina che trotterellava contenta con dei palloncini in mano. (...)
Avrei voluto avere una bambina così e chiamarla Rachele."
(Tratto da Polimero)

La mia mente corre più veloce dei miei risultati.

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Mica pizza e fichi.
La pizza e fichi, magari, la mangeremo all'inaugurazione in data ancora incerta. Per ora quello che c'è nello spazio è spazio; spazio occupato da macerie (che se ne andranno), un vecchio torchio stupendo (che rimarrà), una scala in legno ancora d'incerto utilizzo, muri da vecchia cantinaccia che celano archi e volte che aspettano solo il miracolo della resurrezione alla Lazzaro.
Quel che già abbiamo è: una collezione di macchine fotografiche che vanno dalla Rollei di Valentina (Crepax) ad alcune Hasselblad arrivando fino a una Lomographic che, grazie alla generosità di Mario Mana (padre della Marghe) fotografo (ex fotografo ufficiale del Torino calcio), saranno esposte in una vetrina; uno studio attrezzato con un parco macchine (Canon) di tutto rispetto che vanno dalla 70D alla 5D MarkII, Mark III e Mark IV (se guardiamo bene c'è anche Mark Knopfler dei Dire Straits) e obiettivi che partono dal 12 e arrivano al... boh ma chissenefrega, arrivano in alto, ma soprattutto, io e la Marghe si ha l'entusiasmo dei fanciulli e il resto che si fotta.
Ieri, sicuri che il logo che ho disegnato fosse quello giusto, abbiamo deciso di aprire le pagine su FaceBook e Instagram, una presenza virtuale nella quale, a parte il logo suddetto che potete ammirare qui a fianco, galleggia solitaria la planimetria; beh, poco dopo la messa in rete è successa una cosa molto carina; una donna, di cui per ora non farò il nome, moglie di un fotografo, ci ha scritto per donarci la collezione di libri e cataloghi fotografici di suo marito, con la bellissima motivazione che siano ancora sfogliati e non restino chiusi tra quattro mura in ostaggio della polvere e come unica richiesta, che vengano esposti apponendo una targhetta con il nome del donatore (suo marito). Un gesto stupendo che naturalmente abbiamo accettato con onore e gratitudine.
Se il bel giorno si vede dal mattino, oggi è una giornata radiosa.
P.s.: La fotografia sarà solo uno dei pianeti di questa piccola galassia.

Ancora una volta...
... ho scritto la parola FINE, è la terza da quando ho iniziato la mia quarta vita, quella di scrittore.
Ora lascio decantare e demando alla Mana il compito di leggere con il dito appoggiato sul pulsante del giudizio, io, dal canto mio, farò finta di dimenticare, che non mi interessi.
Sia quel che sia.
I volumi che hanno accompagnato le mie notti e i miei risvegli, spesso con incubi e ansie, sono stati accantonati, relegati in un angolo della libreria, per far si che entri l'aria in questa stanza chiusa, intrisa di degrado, meschinità, bugie, follie e vaneggiamenti, morte e decomposizione e quesiti ormai insolubili.
Ora cominceranno i ripensamenti; devo distrarmi, pensare ad altro, non ancora ad un nuovo libro o forse si, forse so già dove andarlo a pescare, probabilmente non potrò farne a meno nell'attesa che la Mana finisca e decreti, respirando solo a metà.
Stasera intanto mi aspettano alette di pollo al forno con paprika forte e un buon chianti... PFPFPF!!!

Quando si dice il tempismo 2
Flagranza di reato per il neoconcittadino Riccardo Mari.
Dalle nostre parti esiste Oriano (Deo gratias), è un po' come i negozi multi etnici aperti anche a Natale. Lui è così, non chiude mai, dalla porchetta alla schiuma da barba puoi sempre contare sul suo store. La frazione è Spedaletto e proprio davanti ad Oriano c'è una bella cunetta rallentamento con tanto di strisce pedonali. Domenica di ritorno da San Casciano dove ho lasciato la mia dolce metà, per le prove di un balletto da eseguire durante il Carnevale medioevale che si sarebbe tenuto nel pomeriggio, bisognoso di dolcezza, mi fermo a comprare lo zucchero e dove arresto il mezzo con tanto di quattro frecce? Sul dosso di rallentamento in corrispondenza con le strisce pedonali. Scendo dalla macchina consapevole del fatto che non ci avrei messo più di due minuti e proprio in quel momento appare da una via laterale la macchina della Polizia Municipale.
Dal finestrino dell'auto con lampeggianti, un ditino femminile (appartenente alla vigilessa che mi ha beccato con la faccia schiumata) si muove in un gesto inequivocabile davanti ad un'espressione di compatimento. Come poterle dare torto cinque passi dopo c'è un bel parcheggio. Mi allargo in un sorrisone smisurato.
Occhio qui mi tengan d'occhio!!!

Quando si dice il tempismo
Il cambio di residenza comporta una serie di adeguamenti per la gestione comunale. Aumenta il volume dei cittadini, il numero degli occupanti un'abitazione e di conseguenza anche quello del materiale di scarto che quell'abitazione produce con il conseguente aumento della tassa sull'immondizia. Forse un voto in più alle comunali per la carica di sindaco. Naturalmente tutto questo va accertato, non sia che una persona si spacci per abitante in un luogo e poi quando lo vai a cercare, puppa!!!
A Milano con tutte le case che ho cambiato non ho mai visto nessuno che venisse a fare un controllo, ma in un paesino come San Casciano V.P. (V.P. non è l'abbreviazione di Vale la Pena, bensi Val di Pesa) che conta ben 17.129 abitanti (oggi cifra tonda 17.130) nulla sfugge. Il controllo è una forma di cortesia. Tenete presente: ho comprato una casa e la sto ristrutturando o meglio il mio amico Gionata, di professione muratore e podista, la sta ristrutturando; ecco, durante uno dei suoi giorni di lavoro la signora del piano di sotto ha bussato alla porta e ha chiesto a Gionata se fosse il nuovo proprietario, lamentandosi non tanto del fracasso, quanto del fatto che non avesse avuto la delicatezza di andarsi a presentare. Sia mai!!! Pensate, qui si usa ancora salutare i vicini di casa quando li si incontra.
Comunque, una delle cose, dicevo, che comporta il cambio di residenza è la visita di un messo comunale che si presenta senza preavviso, quasi a coglierti di sorpresa, per verificare che tu sia davvero li. Nel mio caso è avvenuto oggi ore 17.30, il citofono posto sul cancello che chiude il viottolo che porta a casa nostra dopo una curva a L, suona; Achille è nel campo sotto a saltare sul tappeto elastico, Margherita non è ancora tornata da Torino dove ha tenuto delle lezioni di danza e io mi sono appena schiumato la faccia per radermi. PIDIPIDIPIDIPI! Chi può essere a quest'ora? Non il padre di Achille che viene a prenderlo, troppo presto. PIDIPIDIPIDIPI!!! Tento di rispondere all'apparecchio ma da noi non si fa (forse non funziona), l'iter è che ci si affacci sulla porta e si urli a mo' di mercato comunale: "Chi é?"
Una voce femminile mi si annuncia come polizia municipale. Rimango li per li un attimo indeciso sul da farsi, asciugamano e mi tolgo la schiuma? Nooo!
"Prego venga avanti lungo il viale". Quando mi vede sorride (non ero nudo, solo guarnito).
"Ebbene si, sono io, ecco il mio documento, so che mi riconoscerà anche sotto questa canuta barba posticcia, mi ha colto in flagranza di residenza"
Ho raggiunto ora pagina 100 per la terza volta, la mia nemesi.

Una nuova finestra
Margherita e io, a breve, apriremo uno studio/gallery a poche centinaia di metri da casa, all'inizio del Chiantishire, tra vigneti e olivi e dolci colline. "A breve" è un tantino ottimista, ci sono un po' di lavori da fare, ma intanto noi ci si ragiona su. Lo spazio è stupendo, un garage con i soffitti a volta e pareti con archi da far rivivere; ci tenevano il vino in cinque enormi tini di cemento che, ahimè, dovremo sbriciolare non essendo ormai più usati da nessuno.
Rimarrà un torchio, uno strettoio come lo chiamano qui, già di per se un'opera d'arte. Cosa ci faremo dello spazio? Ne stiamo parlando. Le idee non mancano; uno studio fotografico di sicuro con all'ingresso una piccola zona espositiva, ma l'intenzione è anche quella di ospitare piccoli eventi, mostre, laboratori fotografici, workshop, presentazione libri e magari anche un corso per bambini di foto di nudo. :-)
Come dice Achille quando vede una modella che fa la doccia in tv per la pubblicità ad uno shampoo o che si spalma una crema contro la cellulite o, che so, "... nel mio intimo c'è chilly..." : "Ricca, quella è la tua materia" con gli occhi sgranati di un decenne che ama Goku come unico dio e spara palle di fuoco tutto il giorno, anche mentre si fa la doccia (raramente come ogni bambino che si rispetti) e, a volte, sembra posseduto per i suoni gutturali che giungono alle nostre orecchie dal piano di sopra.
Apriamo una nuova finestra, una piccola finestra, niente di innovativo o strabiliante, una piccola cosa, in una piccola frazione di un piccolo comune alle porte di Firenze, ma che è pur sempre luce che entra e con il sole che sta crescendo con i suoi tempi dietro i vetri di casa, preannunciando una giornata stupenda mentre scrivo questo piccolo post, non vedo l'ora e son sicuro anche Margherita, nonostante ancora se la dorma beata.
Ci servirà un nome... mmhhhmm, mumble, mumble,... qualcosa tipo... GokuArtGallery&Studios... semplice, semplice.
Vado: latte per il piccolo eroe manga, che dovrà lasciare le sue sfere di fuoco a casa per affrontare circonferenze e aree di banali e bidimensionali cerchi e cappuccino liofilizzato per la ballerina; il carillon della sveglia suona.
Buona giornata
P.s.: A proposito, sabato prossimo, 30 Marzo, a Firenze in via della Pergola, 26 rosso, presento Polimero alla OnArt Gallery, ore 19, se fate un salto ci beviamo un prosecchino in compagnia.

Fotografie di ieri, più di domani che quelle di oggi
Ho postato su Istagram alcune foto di ieri, questa in particolare di Rudolf Koppitz, foto di nudo datata 1926; quasi cento anni sono passati, vi rendete conto? Oggi il nudo è ovunque, meschinamente e buffamente censurato sui social: la cosa importante è che non si vedano i capezzoli e il sesso (per i maschi basta il sesso, i capezzoli sono ammessi), puoi metterti in posa a gambe larghe ma il sesso dev'essere pixellato o sfocato e allora tutto ok. L'umanità o quanto meno una parte di essa, trova vergognoso il proprio corpo, probabilmente vorrebbe ritornare al'800, periodo nel quale una caviglia scoperta era già motivo di scandalo, di sfacciataggine e di notti insonni per i pensieri impuri di chi aveva la "sfortuna" di incrociare con lo sguardo quel lembo di pelle. La retrograda tendenza, visto il recente tentativo di abolire il diritto all'aborto, pare sia proprio questa. Non che i bacchettoni siano mai spariti dalla faccia della terra, non che la nostra bell'Italia si sia mai scrollata di dosso certi pensieri da paese medioevale, anzi, forse proprio per questo il modo di combattere questa cultura ammuffita, ci ha portato all'eccesso opposto. Ma io volevo parlare di fotografia non sconfinare in una pippa sociologica, di questa fotografia, della sua composizione, delle sue linee, del suo movimento e della meraviglia di quel corpo nudo innalzato e valorizzato e del quanto sia senza tempo e del quanto sia unica. Questa foto, mi ha fatto tornare la voglia di scattare, voglia che avevo perso da un po' di tempo per la noia di quello che vedo tutti i giorni, in cui la fotografia di nudo viene martoriata e mortificata e torturata, dove gli elementi necessari sono tre: tette, culo, figa, anzi quattro, dimenticavo la bocca in postura orgasmo-time (immagino che per il nudo maschile, a parte l'ovvia sostituzione, al posto della bocca si usino gli addominali ma non ne sono certo) oltre a questo niente più. Nessuna idea, la totale assenza di ricerca armonica, di linea, nessun barlume di senso: tette, culo, figa e bocca, punto. Se dovessi sentirmi totalmente libero di esprimere il mio pensiero, mi verrebbe da dire: andate a puttane, non nascondete la vostra voglia di figa dietro una, secondo voi, più nobile voglia di esprimervi attraverso questo mezzo. Fatevi due calcoli: 100€ o più per uno shooting, sperando che la modella di turno, in un attacco di libidine durante l'intimità degli scatti ve la dia, datemi retta.
Ma purtroppo non mi sento così libero e quindi andate e moltiplicatevi, tanto la fotografia è altrove.

Sfrenata ambizione
Quando un secondo decise di non voler più essere secondo a nessuno, divenne un numero primo.
Per un attimo indecifrabile, se non in minuti, gioì del suo successo, ma quasi subito si rese conto della solitudine in cui era caduto e si sentì perso. Si guardò in giro per incontrare qualcuno che volesse dividere la sua vita con lui, ma non trovò che la sua immagine riflessa in uno specchio.
Dopo quella prima ribellione, nessun subalterno di quel secondo volle più essere quel che era sempre stato, non il decimo di secondo, non il centesimo di secondo e figuriamoci il millesimo di secondo.
Le gare di atletica persero il loro scopo, quelle di formula uno o di moto GP pure, niente più gare di sci. Sparirono i salvataggi all'ultimo secondo, il gol all'ultimo secondo e persino espressioni come: aspetta un secondo, dammi un secondo, un secondo e arrivo, ci metto solo qualche secondo, ma soprattutto il più importante, non c'è un secondo da perdere. Tutto caduto nell'oblio per quella decisione maturata in un secondo.
Il secondo divenuto numero primo dopo un po' scoprì però di non essere proprio solo, anzi di avere intorno tanti numeri primi come lui e gioì nuovamente ma anche qui solo per un attimo. Con quei suoi simili non aveva nulla da dividere e non solo, che senso aveva essere primi se anche altri lo erano? Dov'era l'unicità che aveva cercato? Primo di cosa? Questo cominciò a destabilizzarlo, i suoi pensieri a diventare cupi, si guardava in giro torvo, cominciando a provare odio per tutti quelli che erano primi come lui. E poi iniziò a pensare a quale fosse la sua utilità, il suo posto nel mondo. Prima come secondo poteva fare la differenza, poteva essere decisivo e non è mica una cosa da poco, ora si ritrovava a far divertire un gruppo di squinternati matematici, era diventato il loro giullare, anche se a dir del vero un giullare ben considerato. Senza pensare poi che prima non era solo, era in famiglia, tra amici, un gruppo armonico che si muoveva con perfetto ritmico passare, preciso, svizzero. Un giorno mentre camminava a testa bassa riflettendo sulla sua decisione incontrò un minuto, lo salutò, avevano sempre avuto un ottimo rapporto, costante, ma il minuto non lo degnò di uno sguardo, gli passò accanto con fare sdegnoso e altezzoso, ora era lui a fare la differenza, era lui la pedina importante. Il secondo diventato primo capì solo allora l'importanza del suo ruolo di prima e decise di riunire tutti quelli che avevano lavorato con lui e chiese perdono, chiese perdono per la sua arroganza, per la sua stupidità e ingordigia, ma soprattutto per aver destabilizzato un sistema che funzionava da secoli, millenni, eoni; Poi si rivolse al tempo, chiese umilmente perdono anche a lui e lo supplicò di avere indietro il suo posto di eterno secondo. Il tempo si sa può essere indulgente e concesse al secondo di tornare al suo posto riportando il giusto ordine delle cose, secondo dopo secondo.

Il Barbarossa
Chi fosse il Barbarossa lo ricordo a grandi linee, ma come va a morire me lo ha ricordato la Mana, memoria storica molto più solida della mia: annegato, li mortacci sua.
La strada per Montepulciano la fai con la testa che si svita a destra e sinistra per star dietro alla meraviglia del paesaggio, che per il passeggero è 'na fatica, ma per chi guida è un rischio: la strada è davanti e curva di parecchie volte. In una di queste volte l'occhio mi è caduto sulla Locanda del suddetto condottiero, trovo uno spiazzo e torno a guardare. Il muso della macchina appena dentro il cortile, il cuoco fuori al sole che fuma, la cucina apre alle 12,30. Il posto è bello ma sono le 12,20, pare brutto.
Dopo qualche si,no,si,no, io e la Mana decidiamo di proseguire e vedere quel che la sorte ci riserva. Sulla destra, qualche centinaio di metri oltre, l'ennesima fotografia da cartolina già preconfezionata, do un'occhiata al retrovisore e mi accorgo di essere tallonato, non posso fermarmi di colpo. Proseguo fino ad un'altro spiazzo e nuova inversione a U, torno fino al punto panoramico, scendo e scatto. Ora 12,40. A questo punto chessi fa? Vamos alla Locanda del Barbarossa. Dentro è carina come lo era fuori, la vista non manca, il menù è di quelli plastificati, consunti e orribili dei ristoranti per turisti stranieri, quelli che la pasta la mangiano con la marmellata; da li avrei dovuto capire.
Crostone con salsiccia e pecorino di Pienza al forno 4 pezzi, che anche solo due già sarebbero bastati.
Costolette d'agnello alla brace con la brace a caramellarle.
Fiori di zucca ripieni di mozzarella e aggiughe fritti ( e ma cazzo, allora vuoi farti male?). Unti e 'un si potean mangiare.
Stasera, dopo un giro nel centro di Montepulciano,all'ora di cena ci siamo fermati davanti all'Osteria del Conte, ci siamo guardati, (dentro soprattutto) e abbiamo preso la via del digiuno. In un bar si è comprato uno yogurt e due bottiglie d'acqua naturale, non fredda e siamo tornati all'agriturismo. Tisana melissa e camomilla per scacciare l'invasore, ma forse ci sarebbe voluto il pugno di ferro di Petrus, l'amarissimo.
Barbarossa 'affanculo!!!
I finocchi erano marci, ho ripiegato su cipolline stufate in salsa di mostarda di Cremona.

Pag. 100
Probabilmente è più di un mese che non scrivo sul blog. Le feste, gli scatoloni in vista del trasloco, le giornate no, le giornate troppo si per stare seduti, la mancanza di idee, la mancanza di tempo, la mancanza di voglia. Scuse, la verità è che mi sono arenato.
Pag. 100, una sorta di buco nero mi aspetta nascosto dietro quella pagina; ormai dovrei saperlo anche l'altro libro a pag. 100 si è fermato in preda ai rimorsi, ai rimpianti, ai rimpasti, ai ripensamenti... e pluf, capita di nuovo; io sparito in una bolla amniotica spazio-temporale in cui tutto perde significato, peso, materia e si liquefà in rivoli di mercurio che schizzano impazziti verso il "nulla era stato pensato così", senza controllo. Ho cominciato a dormire fino alle sette, poi alle sette e trenta, le otto per sforare financo la barriera delle nove e trenta. Stamattina, dopo un sonno agitato (manco fosse una novità), alle sei e trenta ho imboccato le scale per raggiungere il computer in preda alla ferma convinzione di aver capito tutto.
Riscrivere. Riscrivere tutto, sia le 100 pagine di questo libro che le oltre 200 di quello prima.
E via verso nuove avventure. Non so se questo sia un superamento della fatidica pag. 100 o un lanciarsi a tutta velocità in retromarcia.
Staremo a vedere, intanto ne approfitto per fare gli auguri a tutti per un anno pieno di libri e idee ma anche amore e sesso. Vado a preparare una cena leggera per stemperare le intemperanze delle feste: finocchi e hamburger!!!

Oh Raga'
Se c'è una cosa che mi fa rattrappire i coglioni come sull'orlo di un precipizio, è l'inizio di un post, di un video, di una storia con: "Oh raga'" se poi ci si aggiunge : "che storia" è come se nel precipizio qualcuno ci fosse caduto davanti ai tuoi occhi. Detto questo raga, oggi una storia pazzesca!!!Allora, imbocco la Bolognese, piove ma non fa freddo ci saranno una decina di gradi, ad un certo punto in uno dei paesini appena uscito da Firenze mentre sono fermo al semaforo, si avvicina una donna piccina, piccina imbacuccata come un eschimese, io tiro giù il vetro e lei mi chiede un passaggio per Vaglia, un paese vicino a Barberino del Mugello. Io le dico salta su e si parte. Lei comincia a raccontarmi che prima lavorava in un una ditta a Firenze che c'aveva una succursale a Milano ma che poi l'avea chiuso. E poi una serie di storie di colleghe che la boicottavano e le dicevano che se la si vestiva in codesto modo, un uomo, e 'un l'avrebbe mai trovato. Ma lei testarda 'un dava retta, 'un si faceva mica comandare. E poi invidie e pettegolezzi e il capo l'adorava però lei un aveva resistito e la si era licenziata. E aveva fatto male, quanti soldi ho perso in codesto modo. Beh alla fine l'omo un l'avea trovato. Che lavoro fa lei? Il fotografo e lo scrittore credo. Oh bello, ne ho conosciuti pochi scrittori. Come la Fallaci eh. Beh no lei era giornalista prima di tutto. Ahh. Io sono scorpione e lei? Cancro. Come la Fallaci!!! Senta le dispiace accompagnarmi fin dentro al paese? No non è un problema. Ecco mi può lasciare qui io abito in quel casone lassù. Grazie, è stato un piacere conoscerla, buon viaggio. Molti chilometri più su, verso il passo della Futa, mi sono fermato in uno slargo sterrato, non un anima. Sono sceso dalla macchina e sotto una pioggerella fine che ti bagnava ma non metteva freddo, di fronte un bosco tutto tappezzato di un fogliame rosso cupo, ho pisciato con gran soddisfazione e liberazione, aspettando di veder apparire Biancaneve e fare una gran figura di merda!
P.s.: La dimenticanza di una parte stupenda di questa storia, suona come un pre-alzheimer preoccupante. Quando la piccola, piccola donna mi ha chiesto un passaggio, io naturalmente per ascoltare quel che mi stava dicendo ho abbassato il finestrino dalla parte del passeggero. Per quattro o cinque chilometri abbiamo viaggiato con il finestrino abbassato per metà, con la pioggia che probabilmente schiaffeggiava la povera autostoppista, il tutto perché mi ero convinto, si sa mai perché, lo avesse abbassato lei (ho pensato ci fosse puzza in macchina). Tra me e me mi chiedevo come mai imbacuccata com'era, tenesse il finestrino aperto e non volevo in qualche modo disapprovare il suo gesto. Dopo un po' (appunto quei 4, 5 km) mi sono fatto coraggio e le ho chiesto se potevo chiudere il finestrino. A voglia!!! Mi ha risposto con un certo sollievo!
Bischero!!!

Romanzo a puntate sul web
Intanto sai che fò? Mando i quattro racconti alla Zabo/Martelli per una lettura e conseguente appro o disapprovazione e nel mentre ci penso. E se poi la Martelli/Zabo legge questo nuovo scritto e decide essere lui il predestinato a. diventare secondo tra i pubblicati cartacei? Posso correre questo rischio? Confonderla ulteriormente? Darle tre scelte al posto di una come nelle tre carte? Non sarà un gioco crudele e sleale? Già non vuol leggere il finale del secondo che poi diventerà terzo o forse nulla mai, per non ritornare sui suoi passi, figuriamoci un quarto che forse sarà terzo ma chipuòddirlo chissà!!! Dubbioso e titubante saluto ma con la risposta già in tasca e la mail della Zabo/Martelli ubicata nel giusto rigo:
A:
Da: Riccardo Mari

Trasloco
Inizia piano, una scatola.
Con cosa la riempio? Con la mia vita, un primo pezzo. La seconda scatola e poi la terza e ti rendi conto che la tua vita è tanta e che le scatole sembrano non bastare mai. Trovi un bottone che dalla faccia è li da anni e poi un sacchetto con dentro roba che ti sei portato dal trasloco precedente e non hai mai tirato fuori. Le scartoffie burocratiche che dovresti conservare per quanti? Dieci anni? E sai che la maggior parte le hai perse chissà dove mezzora dopo averle ricevute, saldate e non te ne frega niente. Ti guardi intorno e lanceresti tutto in cortile, una bella pira, benzina e un cerino. I libri no, quelli mai, sono i primi che impacchetti; il resto, i mobili che ti hanno accompagnato e ora sono stanchi, il divano un po' sfondato e sporco che neanche a portarlo in lavanderia, le lampade Ikea tipo Giappone, in carta di riso che riso non è, al massimo carta. Ma così bruceresti parte di te, del tuo passato che certo non ti abbandonerà per così poco e anzi senti che sarebbe giusto, sei fenice, sei risorto talmente tante volte che Gesù Cristo può solo che invidiarti. Ma poi pensi che questo potresti riciclarlo e probabilmente anche quell'altro e poi non puoi mica fare veramente un falò, magari invitando la gente della corte ad una grande festa di addio, quelli che ti conoscono anche gli altri, ma chi ti conosce? E allora ti rassegni e impacchetti, e proteggi con il pluriball e poi ti trastulli su oggetti che non vedi da anni, che non ricordavi di avere. E poi ti fermi e lasci stare, il resto domani o dopodomani e ti rendi conto che hai fatto quasi nulla, che è ancora tutto li. Cose e cose che hai accumulato e che non sapresti nemmeno come buttare, ti ci vorrebbe una giornata solo per differenziarle per la discarica e quindi te le porterai ancora dietro per stiparle in un altro buco dal quale usciranno un giorno, probabilmente quando non ci sarai più e toccherà a qualcun altro, differenziarle e buttarle.
Vado a dormire.



D o
All'inizio era il nulla.
D O decise che non si poteva avere tutto quello spazio e lasciarlo vuoto, era un vero spreco, si rischiava l'esproprio proletario.
Dapprima fu il caos.
Si guardò intorno e mormorò: "Bella minchiata, ora mi tocca ripulire"
Si mise di buzzo buono e in sette giorni, D O riordinò e disegnò nel bianco latteo del nulla, sette righe che generarono sei spazi (sette giorni per disegnare sette righe? Dritte spero). Si accorse di aver saltato il week end e stizzito, cancellò due righe come memorandum.
Nacque così il pentagramma, una sorta di pentapartito, ma che funziona.
Quando si alzò dal divano, dopo la pennichella pomeridiana, diede un'occhiata al suo operato.
Cominciò a saltellare da una riga all'altra, fermandosi ora in uno spazio ora in un altro. Si divertì così, per cinque, dieci minuti al massimo, ma poi si accorse di quanto fosse monotono tutto quel ciondolare senza scopo.
Si senti solo e vuoto.
Si depresse.
Abusò di alcool, marjuana, hascisc, cocaina e eroina, ma a nulla valse quel suo girovagare di allucinazione in allucinazione. Nella disperazione più nera arrivò persino a considerare i fiori di Bach e la cromoterapia. Niente non ne veniva a capo.
Pensò e ripensò, pensò e ripensò, quando ad un tratto, una folgorazione: "Non sarà che per ovviare al problema della solitudine io debba trovare compagnia?" (quando si dice: il genio)
D O si mise alla scrivania e iniziò a fare delle prove: "Hmmm così non va... no così no... ma vahh... ma che merdata... PHUAA!!!... ma porc... se vabbeh, quadrato..."
Un altra illuminazione gli permise di capire che, prendendo se stesso come esempio di base e applicando delle piccole variazioni, sarebbe stato semplice plasmare qualcuno con cui far bisboccia e... arricchire la sua esistenza certo.
D O si fece un selfie e creò a sua immagine e somiglianza sette creature, dando origine alla Compagnia del Pentagramma (abbreviato: Note, non chiedete perché, mistero della fede) e diede un nome ad ognuna di loro. La prima la chiamò in suo onore, Do (ma tutto attaccato) la seconda Re, la terza Mi, la quarta Fa, la quinta Sol, la sesta La e l'ultima Si (la coincidenza nei numeri: sette sono i peccati capitali e sette le virtù e sette le piaghe d'Egitto e sette i mari e sette sono i nani). Ad ognuna di loro assegnò un alloggio, riga o spazio che fosse e visto che rimanevano uno spazio e una riga vuote, la sua lungimiranza snocciolò così, per non saper ne leggere ne scrivere, il secondo estratto. Mi secondo estratto e Fa secondo estratto. Bona li!!!
E mo'?
Mah!!!
Ognuno dal suo balconcino guardava gli altri e poi intorno e intorno non è che ci fosse molto da vedere, bianco a perdita d'occhio, non c'era iterazione. Un sorriso imbarazzato, un colpetto di tosse, occhi pensierosi rivolti al... su.
D O doveva pensare a qualcosa (era sfinito, si stava rompendo i coglioni di tutto sto pensamento).
Mumble, mumble, mumble, mumble, muginava e rimuginava ma non riusciva a venire a capo di quel momento d'impasse. Gli venne in mente di tutto: da una bella riunione di condominio al bingo, ma nulla sembrava la cosa giusta per quella compagnia.
"Basta, mi sono rotto e ho il mal di testa, forgerò qualcuno che si prenda la briga di creare per me, voglio riposare e non fare più un cazzo!!!"
Così D O decise di dar vita a una creatura al di sopra delle parti e che pensasse per lui: impastò gli ingredienti di cui era in possesso e partorì, senza dolore, l'Omino di Zenzero (prima lezione nei corsi di animazione in 3D), aggiunse una folta e lunga capigliatura, un abito improponibile e due mani fornite di dita, rimirò la sua creatura e disse: "Ecco qui, ho creato il Musicista." (Azz...)
Dapprima fu il Batterista, un tipo di musicista primordiale, tera tera!!!
Il Batterista, guardò la Compagnia del Pentagramma, si grattò la testa, non ci capì un cazzo e la mise da parte (prendi l'arte...), prese la prima cosa che gli capitò in mano (due bastoncini di legno) e cominciò a pestare su qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, dai bicchieri della coca cola ai porta tovaglioli, dai cuscini del salotto alla batteria di pentole antiaderenti della mamma (creatura mitologica e santa, inventrice, tra l'altro, dei tappi per le orecchie).
Il Batterista era si primitivo, ma non del tutto stupido e si costruì un set ben organizzato sul quale battere con i suoi legnetti. Cominciò con lo scuoiare bestie di tutti i tipi e inventò il tamburo e così andò fino a quando non intervennero gli animalisti vegani e dovette ripiegare su pelli sintetiche. La fantasia certo non mancava a questo prototipo, da qualsiasi oggetto poteva estrarne l'anima sonora che gli permetteva di giocare con il tempo. Le cose andarono bene per lui fino al giorno in cui arrivarono la Paiste e la Tama e le lacune di questo primate lo portarono quasi all'estinzione. Quella progenie si chiuse in una comunità omologata e standardizzata, perdendo smalto e identità; incrociandosi solo tra consanguinei, diventò malaticcia e pallida... scazzò insomma, tanto che qualcuno pensò e provò a sostituirli con l'elettronica.
La Compagnia del Pentagramma, va da se, non era per nulla contenta di essere stata messa da parte senza mezzi termini e cominciò a lamentarsi vigorosamente, così D O, nello scontento generale, creò: Mozart.
Diede lui dei tasti bianchi e dei tasti neri e poi disse:
"Potrai usare tutti i tasti bianchi che vuoi ma non toccare i tasti neri se non vorrai saggiare la mia ira"
Mozart, che già da piccolo era un ragazzino sveglio, pose a D O una D Omanda:
"Perchè o Grandissimo tu mi dici ciò? Perché tu mi dai anche i tasti neri e poi mi ordini di non usarli? Avresti fatto prima a non mettermeli davanti agli occhi, non ti pare?"
D O visibilmente irritato per essere stato colto in fallo, replicò:
"Io ho parlato, questa è la mia volontà e chi sei tu per fare domande a un D O?"
E Mozart insolente:
" Dovresti saperlo, mi hai creato tu con questo caratterino, non è che adesso devi fare quello caduto dal pero."
Proferì queste parole sgranocchiando una bella mela rossa con lo sguardo di sfida classico del bambino prodigio.
D O a questo punto, incazzato come una mina, pronunciò frasi forti:
"BASTA, fai il cazzo che ti pare, ti concederò il libero arbitrio, ma poi non venirmi a dire che non ti avevo avvertito."
E così Mozart rimase solo con i suoi tasti bianchi, gli intoccabili, tasti neri e un serpente arrotolato al suo fianco che il medico locale aveva consigliato come pet terapy.
Le sue dita cominciarono a saltellare sui bianconi, prima timidamente, poi con sempre più baldanza fino a che non raggiunse la più totale padronanza del mezzo, mezz'ora dopo. A quel punto le sue mani volavano senza freni e si sa, in un volo senza freni capita di perdere il controllo. I suoi polpastrelli cominciarono a sfiorare i tasti neri senza pigiarli, con leggere carezze, come a stuzzicare la pelle di una giovane donna; il gesto atto ad eccitare lei, si ritorce contro e gli ormoni frizzano come una pepsi appena versata. Sfiora oggi che ti sfiora domani, una delle dita più eccitata delle altre, profanò una delle vergini nere.
Apocalisse!!!
D O, inverecondo, esplose la sua rabbia scaturendo una sbrodolata di simboli da non raccappezzarcisi più. Chiavi, battute, frazioni di tempo, piano pianissimo, forte fortissimo e poi diesis e bemolle e staccato, saltellante, legato, terzinato... ma va in mona vai!!!
E per qualcuno non ce n'era abbastanza e dal tumulto sorse il Chitarrista Rock.
Larsen, tapping, wah wah e distorto e forzato e nitrito di cavallo e chi più ne ha più ne metta e poi il Bassista con lo slap, razza meno evoluta del sopracitato, causa un deficit alla nascita (un raggio spazio/temporale più limitato rispetto all'esacorde), una meno pronunciata mania di protagonismo ma una forte propensione all'assurgere, anche ricorrendo a correzioni della propria naturale fisionomia (lifting), per sedere fianco a fianco con la razza superiore.
Il condominio della Compagnia del Pentagramma si animò e cominciò ad interagire.
E conversazione fu!
Dal chiacchiericcio nacque Schoenberg e una dissonanza gergale incomprensibile e confusionaria, che poi venne adottata come lingua ufficiale dalla classe politica. Poi arrivò Stravinsky che regolò le cose facendo coesistere conversazioni diverse regolandone le altezze, la metropoli. Bach, in tutto questo trambusto, cercava di fuggire al pari di Berlusconi che con il suo sassofono prendeva qualsiasi nave salpasse. Bach trovò la fuga Berlusconi no, ma ci andò vicino.
D O era furioso e così mise sulle teste dei musicisti una maledizione: la povertà (in realtà erano due, ci fu anche quella della mamma che diceva:"mai con un musicista", ma non funzionò un granché).
Da questa piaga monetaria nacque il musicista jazz, vizioso, sporco con i denti neri cariati dal fumo, piegato su se stesso che nuotava in uno stagno nero e fangoso rotolandosi come una zoccola nella melma e come in ogni stagno che si rispetti, un re ranocchio, che mischiò le carte in tavola e da pappone, diventò colui che portò l'esperanto (l'idioma del futuro genere umano, mai sentito parlare da nessuno tranne forse da me, in versione maccheronica, quando cerco di farmi capire da un nord europeo e in versione spiccia, in Waterworld) a Babele, un certo Miles Davis.
Dal nulla D O aveva creato un universo smisurato e bizzarro, dai confini troppo ampi, per essere controllati da uno che si alzava tardi e passava la giornata sul divano a grattarsi. La cosa gli sfuggì di mano e per una distrazione fatale, l'orda barbarica che si era avvicinata alle mura senza essere notata, fece breccia; i Cantanti si rovesciarono all'interno dell'universo di D O, come un travaso di bile.
La Compagnia del Pentagramma perse il suo ruolo di protagonista e al suo posto salì sul podio lo specchio, che giorno dopo giorno attraverso la sua lucida vanità accrebbe la forza di quell'etnia fino a trasformarli in front man, coloro per i quali strapparsi i capelli e le mutandine: i belli e impossibili.
Da Orietta Berti a Sergio Endrigo, dalla brunetta dei Ricchi e Poveri a Toto Cutugno, dal baffo dei Ricchi e Poveri a Pupo spuntarono come funghi dopo un acquazzone, alimentando il potere di Narciso, il loro dio.
L'universo di D O vacillò orrendamente, la Sua immensa galassia si era troppo avvicinata ad un buco nero e rischiava di essere risucchiata. D O con uno sforzo enorme, dato che si era di molto inchiattito, alzò il culo dal divano, richiamò a se tutte le forze e scagliò il suo esercito all'attacco contro quell'infezione emorragica .
Lo scontro di questi due super poteri generò Allevi e la sua "O generosa" (colonna sonora e portante della nostra serie A, che uno si chiede come abbiano fatto a giocare al calcio fino ad oggi, senza quell'inno sornione) e tutto fu
Fine.

Cammina per la stanza sul pavimento di antica pietra che vibra sotto i suoi passi e trasmette all'armadio, appoggiato alla parete di fronte al letto, un micro movimento che fa sbattere una contro l'altra le grucce disimpegnate producendo un rumore di ossa. Gli scheletri nell'armadio si agitano al suo passare. Gli ricordano la loro presenza.

Due anni or sono
Mentre l'idioma filippino palleggia da una carrozzella all'altra in una cantilena pedante spinta lungo un corridoio anulare ripetitivo dove incontri vecchi parcheggiati ai corrimano lungo le pareti o che spingono i loro mezzi usando solo i piedi in una camminata burattina il signor "passettin passettino" con occhi fissi oltre i muri paglierini, un discorso, non sempre comprensibile rocamente urlato in gola con piglio mussoliniano, si avvicina e poi si allontana dal salottino di conversazione dove tento di farmi distrarre da Cortazar. Maria canta. Mio padre piange a mia madre la consapevolezza che non lascerà più quel posto. E' il gioco del mondo.

Cosa cerchiamo?
Amore? Sesso? Il proibito? La tranquillità? L'emozione? La promiscuità? Di vivere o di sopravvivere? Siamo sicuri, qualsiasi cosa si cerchi, di essere in grado di reggerne il peso? Perché ogni cosa ha un peso. Noi siamo il primo pericolo per la nostra vita, siamo lo switch che cambia l'essere nel non essere. Siamo illusi, pavidi, aneliamo al controllo senza capire che è impossibile. Combattiamo la depressione con metodi deprimenti, con l'illusione che una religione, o una terapia, o buttarsi nelle cose, anche le più stupide, anima e corpo, ci nasconda ai nostri imbarazzi, alle nostre debolezze, alle nostre manie, ai nostri dolori. Oppio. Non possiamo essere cattivi, non possiamo essere buoni, non possiamo essere ingenui, non possiamo essere sinceri, non possiamo essere bugiardi, non possiamo aprirci, non possiamo chiuderci, non possiamo essere egoisti e non possiamo essere altruisti. Non possiamo fallire. Non possiamo, non possiamo, non possiamo. E tutto ciò che non possiamo, lo facciamo, senza consapevolezza, trattenendoci, riducendone l'effetto liberatorio e sano per alimentare quello meschino, quel subdolo e venefico liquame sotterraneo che non esiste solo perché non lo vedi, ma è lì e cresce e si alimenta, infettando tutto. Esser cattivi (coro) può essere liberatorio! Essere buoni (coro) può essere liberatorio! Essere ingenui (coro) può essere liberatorio! Essere sinceri (coro) può essere liberatorio! Fallire (coro) può essere liberatorio! Preghiamo!
( tratto da Polimero)
Vorrei scrivere un libro in seconda persona


Due anni e mezzo fa ho scritto un libro. All'inizio è stato uno sfogo, un modo per tentare di lenire una situazione che mi stava annientando e nella quale mi rotolavo piagnucolando. Man mano che le parole digitate sullo schermo del pc diventavano frasi articolate e poi immagini che rappresentavano pensieri e stati d'animo in modo nitido e preciso, la cosa si è fatta seria, mi ha spinto ad andare avanti, a chiudere un capitolo e passare a quello successivo, a ricercare sinonimi, modi differenti per raccontare e poi a rileggere e a correggere fino alla stesura finale. L'ho stampato e messo a macerare. Volevo dimenticarlo e poi leggerlo come fosse di qualcun altro. Ancora stento a credere che un editore abbia letto quel libro e lo abbia amato tanto da decidere di farmi un contratto e pubblicarlo, come stento a credere che, dopo quel primo tentativo che non faceva di me uno scrittore, ma semplicemente uno che una volta aveva scritto un libro, si trasformasse nella mia principale occupazione scrivendone un altro che verrà pubblicato a Maggio 2019 in occasione della fiera del libro di Torino e iniziandone un terzo al quale sto lavorando ora. Ciclicamente mi viene da pensare se la vita sia questo o, anche questo: se ti riempia di botte per farti vedere la strada e stia a te accorgertene o essere così cieco e ottenebrato dalle tue disgrazie e dal tuo piangerti addosso da non vedere un cazzo o se questo lo si possa considerare solo uno dei casi in cui, mentre nella norma, se decide di prenderti a calci, lo fa per prenderti a calci e basta.

Padre e figlio
Ciao. Ti disturbo?
Se hai da fare posso tornare un'altra volta... allora mi siedo un attimo.
Lo hai sistemato bene, bello... ti infonde una certa serenità... calma... mi piace. Il mio dovrei rinfrescarlo un po', forse le cose andrebbero meglio. Su da me non è che sia mai stato affollato, è sempre stato un po' esclusivo, ma ora forse lo è un filino troppo. La pace che prima regnava assomiglia più alla noia. Le cose qui invece vanno alla grande, anche se questa non è una cosa positiva, mi rendo conto. E' colpa mia lo so, non c'è bisogno che dici nulla, sono stato troppo permissivo e anche troppo ingenuo a pensare di dargli fiducia e libertà. Non me lo perdono e so che ora c'è un unica soluzione per rimettere in ordine le cose, ma è difficile lascio passare tempo perché non me la sento e non posso chiedere a te di risolvere la cosa, so di averti già chiesto molto. Hai niente da bere? Si grazie quello andrà benissimo. Scusa questo sfogo ma sono veramente depresso, ho commesso così tanti errori a discapito di quello che si dice di me che... non so... si hai ragione è uno solo, ma che cazzo di sola, che caduta, che abbaglio. Sarà anche uno ma è grosso come mille, un fallimento totale, lasciamelo dire. Non voglio fare la vittima sia ben chiaro... ma cazzo che minchiata. Si è vero gli ho dato i mezzi per poter migliorare, per poter guardare oltre, ma sembra che siano ciechi, che girino la testa dall'altra parte, li hai visti no? Buono, lo distillate qui? Ti scalda l'anima. Il libero arbitrio ti rendi conto? Dare il libero arbitrio ad una massa di imbecilli, la libertà ad esseri che se non gli disegni delle righe bianche in un parcheggio ti posteggiano la macchina di traverso occupando tre posti perché tanto chissenefrega del prossimo. La libertà, una cosa sacra e infinita, a dei cerebrolesi che seguono senza farsi troppe domande questi cialtroni che dicono di essere il tramite con me, persone che per servirmi al meglio e come dicono loro amarmi, non scopano, non si sposano per mantenersi casti e puri per me... seee per le puttane o peggio i bambini, chi cazzo glielo ha chiesto di rimanere casti e puri? Secondo loro ho fatto i genitali maschili e femminili così... così compatibili e così sensibili al piacere per indurli in tentazione come dicono 'sti beccamorti? Allora mi stanno dando dello stronzo? L'ho fatto per vezzo? Per prendermi gioco di loro? Ho fatto in modo che inventassero internet per essere aggiornati e per poter smascherare questi buffoni e loro fanno finta di non vedere, gli portano doni, probabilmente gli offrirebbero spontaneamente i loro figli. ... E poi sono maleducati, si ammazzano, si odiano, si tradiscono, si mentono... ahhhh dammi un altro goccio. Io gli do la libertà e loro se la tolgono a vicenda, ma non solo, ci sono quelli che la ripudiano per seguire dei pazzi visionari, per buttarsi nel fuoco ad un loro comando. Quelli che si fanno esplodere per avere sette vergini in Paradiso, ma chi le ha mai viste tutte 'ste vergini da queste parti? E poi chettenefai? Sono inesperte non è che ti possano far divertire più di tanto, se sono vergini vergini, non quelle finte che rimangono illibate ma solo li, perché per il resto... lasciamo stare. Vuoi sapere quali sono i miei preferiti? I genitori. Si proprio così. Io ho dato loro uno strumento incredibile per capire come migliorare le cose nel mondo. I figli. I figli sono la mappa, la cartina tornasole, il testo di tutti i testi; e non deve essere nemmeno letto, che non tutti amano leggere, è un video possono stare li e guardarlo, popcorn e birra inclusi. I bambini piccoli sono il concentrato istintivo di tutti i peggior difetti in cui l'essere umano può cadere e sono tutti li, impossibile non vederli. L'egoismo, l'ingordigia, l'ira, il menefreghismo, l'egocentrismo, la crudeltà, il paraculismo, la menzogna, il sadismo e la maleducazione, il tutto nell'accezione più pura e più malleabile e regolabile e correggibile. Io gli metto li quella chiave di lettura e loro cosa fanno? Invece di correggerla e inevitabilmente correggere anche loro stessi, cosa fanno? La amano e la esaltano: " Guarda amore il bambino ha fatto la cacca sul tappeto e poi l'ha tirata ai nostri amici, che giocherellone... ma si è cacca santa" "Guarda caro sta picchiando gli altri bambini con un legno, eh eh eh certo è uno che si fa rispettare." "Guarda, quando fa quella faccetta è perché vuole ottenere qualcosa, che bambino intelligente e furbo" "Guarda che bambino caparbio siccome non gli ho dato la terza fetta di torta, l'ha sfrangata tutta sul tavolo in modo che nessuno la possa avere, che forza di carattere" Mi vien voglia di bestemmiare!!! Lasciamo stare vah. Mi incazzo perché come si fa a credere che io avrei mai ordito delle trame così meschine? Li metto nel giardino dell'Eden e poi gli sventolo davanti l'unico albero che non devono toccare, se mi stavo zitto, con tutta quella vegetazione, probabilmente non l'avrebbero mai trovato; ah già ma prima affianco alla figura maschile la donna, subdola e peccaminosa per farlo cadere in tentazione. Eh certo. Le donne, l'incarnazione del male e del peccato, l'impersonificazione di tutte le sciagure umane, eh ma anche la madre, l'unica che possa generare la vita e quindi... una vita già infetta, geneticamente già impura e contaminata dal male. Ma si può? E queste cretine visto come sono considerate, sono le più pie e devote a me, che le ho create demoni e ai miei "portavoce" che se potessero le brucerebbero ancora sui roghi. Il libero arbitrio, 'tse!!! Un guinzaglio dovrei mettergli, altro che... e corto anche. Dammi un altro goccio fai la cortesia. Si lo so, ultimamente bevo troppo... ma come si fa, dico io, a non bere vedendo 'ste cose? Si arrivo!!! La mamma. Ti lascio, torno su che qui vedo hai un sacco di lavoro. Vieni a cena domani sera Luci che facciamo l'arrosto. Si scusa lo so che non ti devo chiamare così. Dai, a domani e grazie ancora.

Post di cinque anni fà durante la settimana della moda a Milano
... e poi alla festa arriva lei.
Entra con il mento puntato verso l'alto a dire: "Anvediunpo'chiè'ntratomo'" e la gente, in effetti, si gira verso l'entrata e "Anvede" e un punto interrogativo si stampa loro in faccia a dire: "Ci è cuss?"
In un pigiamone intero, fantasia, scambiato probabilmente per un abito e pagato non meno di 2000 euri, ti si presenta sta' figliola piuttosto allampanata con un naso così adunco che il sudore della fronte, non volendo affrontare quell'ignoto così ignoto, si butta dalle tempie; la bocca, con due labbra così sottili... ma che dico sottili, inesistenti da aver paura che se ti dovesse fare un... discorso, uscirebbero parole taglienti come lame di rasoio. Sorseggia amabilmente un drink da una cannuccia, che per infilarsi in quella fessura sotto il naso si è trasformata in un bankomat e ti viene da pensare che se dovesse tirare fuori la lingua uscirebbe 'na ricevuta!!! Si guarda un po' in giro con aria schifata e fa un cenno all'amica... come a dire: "Nun è 'r mio ambiente... 'namose!!!"
Cheddire?
Grazie della visita, quantomeno.
Ecco lo sapevo l'ho trascurato, ma sto facendo una lavoro che mi impegna tutto il giorno con gli occhi avvinghiati allo schermo e alla sera nun ce la fo' e poi, di notte, c'è il mostro che mi aspetta con le sue trame.
Una passeggiata nel bosco degli Scopeti, una passeggiata in un relativamente recente passato. Un passato terribile pieno di angoli bui, di verità nascoste, di omissioni, di sporcizia sotto il tappeto persiano, di anime che non hanno trovato giustizia. La giornata è limpida e calda e a tutto fa pensare meno che al sangue e ad un sordido sottobosco, poi il rientro e l'imbattersi in una coppia chiaramente infrattata e che non ha interesse a mostrarsi alla luce del sole, le facce nascoste nel collo dell'altro. Passiamo, e io non posso fare a meno di ricordare quell'ultima coppia duecento metri più in su, accampata con una piccola tenda e a chiedermi se i guardoni ci siano ancora o se oramai si nascondano dietro uno schermo del pc e intanto è ora di merenda.
"Lo scaracchio ben preparato che si sente alle sei del mattino, proveniente da qualche appartamento affacciato sul cortile, è un grammo di realtà che mi risparmierei volentieri."
(Tratto da Polimero)
Le trentacinque persone che hanno letto Polimero e che mi conoscono, sono rimaste in parte piacevolmente colpite, in parte entusiaste, tutte sono rimaste stupite: "Chi l'avrebbe mai detto?", che tradotto significa: "Sembra scemo e invece va' cosa ti tira fuori".
Le soddisfazioni nella vita sono molto importanti, poi ci sono le mila copie vendute per la bistecca, l'affitto e la benzina, ma questa è un'altra storia.

Avere un blog è un lavoro serio. E' come avere un cucciolo, una volta che ce l'hai non basta guardarlo, bisogna nutrirlo, accudirlo, ripulirlo, tenere lontane zecche, pulci e pappataci assicurandosi che il pericolo di leishmaniosi sia solo una brutta parola in tv, l'uomo nero delle malattie. La prenderò come una missione anche se so che sarà dura; se c'è una cosa che ho imparato su me stesso è che manco di costanza. Sarà la mia sigaretta dopo cena, un appuntamento a cui non mancare.